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venerdì 11 giugno 2010

Omicidio Pasolini, verità da cercare

Il delitto Pasolini


1975 Lo scrittore, intellettuale, giornalista e regista Pier Paolo Pasolini, 53 anni, viene assassinato tra l’1 e il 2 novembre a Ostia (Roma)

1976 In pochi mesi si conclude il primo grado di giudizio. Pino Pelosi , 17 anni, viene condannato a 9 anni ma si indica la presenza di ignoti sulla scena del crimine. Spariranno in 2° e 3° grado, nel 1979

2005 Pelosi, dopo 30 anni, dice che non era solo. Le indagini vengono riaperte ma finisce in un nulla di fatto

2009 Il 27 marzo la criminologa Simona Ruffini (foto) e l’avvocato Stefano Maccioni depositano la richiesta di riapertura delle indagini. Nessuna risposta

2010 Il 24 marzo fanno la seconda richiesta. Nel frattempo il pm è cambiato. Ad aprile le indagini sono ufficialmente riaperte. Da maggio il Ris di Roma sta esaminando i reperti

Omicidio Pasolini,
verità da cercare


All’epoca dell’omicidio lei era piccola…
…Sì, avevo due anni appena.
Cosa l’ha spinta a chiedere la riapertura?
La verità non appartiene qualcuno in particolare o a chi ha “vissuto” il delitto. Anzi, forse noi giovani siamo più liberi mentalmente, senza pregiudizi, lontani dal clima sociale del tempo.
Se queste indagini porteranno a un processo, sarà il secondo.
Speriamo! Il Ris di Roma sta analizzando i reperti: con le nuove tecniche scientifiche potrebbero raccontare qualcosa di importante. È palese che i fatti non si siano svolti come ci hanno raccontato.
I reperti dove sono stati per 35 anni?
Al Museo Criminologico di Roma, in uno scatolone. Sono tanti e pieni di tracce: sangue, impronte…
Di che si tratta?
Indumenti di Pasolini e Pino Pelosi ma anche vestiti apparentemente di nessuno dei due, come il maglione verde trovato nell’auto del regista e un plantare, destro, 41-42.
Ci sono anche le “presunte” armi del delitto?
Sì, le tavolette di legno con cui fu massacrato, piene di sangue e capelli. Ma molto friabili, sbriciolate. Incompatibili con le profonde lesioni del pestaggio.
Sembra che non siano mai state fatte indagini vere e serie.
Pasolini fu ucciso in modo brutale, devastante. Picchiato e poi schiacciato con la sua auto: gli scoppiò il cuore, l’agonia fu lunga. Fu subito lampante che Pelosi, allora 17enne, non poteva essere l’unico responsabile: per conformazione fisica e perché addosso aveva pochissime macchie di sangue. Infatti il processo di 1° grado si concluse con la sua condanna e l’indicazione che quella notte c’erano pure “ignoti”. Poi spariti in 2° e 3° grado.
Per 30 anni Pelosi però ha detto di essere il solo colpevole.
E tutte le indagini, non si capisce perché, si basarono sulle sue dichiarazioni, apertamente contraddittorie. Poi 5 anni fa, in tivù, ha detto invece che non era da solo.
E ci fu la prima riapertura delle indagini.
Sì. Ma si chiusero subito. Lui non fornì dettagli utili: disse che gli altri ormai erano morti. Adesso le indagini si baseranno sui reperti. Strano che nessuno ci abbia pensato prima.
Pelosi ora collaborerebbe?
Le sue versioni sono sempre state contrastanti. Ma ci sono altre testimonianze da prendere in considerazione.
Ha sentito altre persone?
Io e l’avvocato Stefano Maccioni abbiamo acquisito la testimonianza di Silvio Parrello secondo cui sulla scena del crimine c’erano più auto. L’ha sempre detto ma nessuno l’ha ascoltato. E poi c’è il senatore Marcello Dell’Utri: dice di aver letto un capitolo, poi scomparso, di Petrolio, il libro a cui stava lavorando Pasolini.
Petrolio è importante nella vicenda. L’omicidio fu incasellato come delitto omosessuale. Che altre piste ci sarebbero?
Sono convinta che ci sia un livello più alto, con mandanti più alti. Ma queste ipotesi devono essere riscontrate: è il lavoro che stiamo facendo in questi mesi.
Si ipotizza che c’entri il furto di alcune “pizze” del film Salò o le 120 giornate di Sodoma. Forse Pasolini andò sul luogo del delitto, all’Idroscalo di Ostia, per recuperarle da chi le aveva rubate. Che ne pensa?
Si parla di questo furto come di una possibile esca per attirarlo lì quella notte.
Invece Petrolio cosa spiegherebbe?
Pasolini poteva essere a conoscenza di dettagli importanti su altri casi irrisolti famosi della nostra storia: l’omicidio del presidente dell’Eni Enrico Mattei e del giornalista Mauro De Mauro, ucciso mentre indagava sulla sua morte. Pasolini potrebbe essere stato ucciso perché aveva ricostruito, in quel capitolo sparito, snodi decisivi del delitto Mattei.
La scena del crimine non fu preservata abbastanza. È vero che si permise a dei ragazzini di giocare a pallone lì vicino?
Sì. La scena non fu neanche recintata. Ma c’è un filmato girato la mattina dopo dall’amico e aiuto regista di Pasolini, Sergio Citti. Lì la scena è stata “congelata” ma nessuno mai ha acquisito il video. E Citti ha sempre chiesto di essere ascoltato.
Anche la macchina di Pasolini fu un po’ troppo “trascurata”.
Fu lasciata sotto la pioggia e le macchie di sangue si cancellarono. In più, mentre la spostavano, un uomo delle forze dell’ordine andò a sbattere contro un palo: quelle ammaccature importanti, disse la perizia, non permisero di ricostruire gli eventi.
Nessuno di quegli uomini delle forze dell’ordine oggi è disponibile a parlare?
C’è un maresciallo dei carabinieri, Renzo Sansone. Dopo l’omicidio si infiltrò nella malavita romana e seppe che la notte del delitto c’era altra gente con Pelosi. Anche lui però non è stato mai ascoltato.
Pasolini non era amato, né a destra né a sinistra. Questo ha soffocato la ricerca della verità sulla sua morte?
Assolutamente: liquidare il delitto come omicidio gay è stato molto più semplice, per tanti. Ma tra l’altro non risulta che Pelosi sia omosessuale…
Se pensa al delitto qual è la prima immagine che le viene in mente?
Alcuni quella notte sentirono le urla di un uomo. Gridava “Mamma, aiuto!”. Se era Pasolini, pensare che quest’uomo davanti alla morte era tornato quasi bimbo mi colpisce molto.
Cosa spera?
Che queste indagini possano dare un contributo di verità, alla Storia e alla persona. Magari non porteranno a nulla - c’è anche questa possibilità - ma noi abbiamo agito con onestà intellettuale.
C’è una frase di Pasolini che l’accompagna in questa sua battaglia?
Sì, dice che “la morte non è nel non esserci più ma nel non poter più comunicare”. Il mio lavoro consiste proprio nel dare la voce alle vittime, a chi non può più parlare. Chissà quante cose ci avrebbe potuto dire oggi Pasolini, ma non può. Tocca a noi cercare di farlo al posto suo.
Angela Geraci

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