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mercoledì 17 marzo 2010

Fausto e Iaio, una fredda sera di marzo



Fausto e Iaio

una fredda sera di marzo

L’ultima volta che sono passato in Via Mancinelli è stata un freddo sabato autunnale di qualche anno fa. Tornavo da una serata in un noto locale milanese e all’altezza di via Leoncavallo mi ricordai di voi due, e della vostra triste storia. Via Mancinelli non è esattamente una bella zona. E’ una strada buia e squallida, che da un alto è occupata quasi interamente dal deposito pullmann dell’atm, e dall’altra ostenta in parata alcuni tra i più anonimi caseggiati della città. E’ una via di periferia come tante, che di notte è deserta e poco raccomandabile. Un luogo perfetto per un duplice omicidio. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, detto “Iaio”, avevano 18 anni e frequentavano il centro sociale “Leoncavallo”, sito nell’omonima via, nei locali di un’ ex-fabbrica occupata dal 1975. La sera del 18 marzo 1978 i due ragazzi si incontrano alla trattoria “Crota Piemonteisa” ed escono insieme camminando verso la casa di Fausto, per il consueto “risotto del sabato” preparato da mamma Danila. Sono giorni di grande tensione, perché le Brigate Rosse 48 ore prima hanno rapito Aldo Moro, e il paese vive un momento difficilissimo. All’altezza di Via Mancinelli un gruppetto di 3-4 persone vestite con impermeabili chiari attira la loro attenzione nel buio, chiamandoli per nome. I due ragazzi si dirigono verso di loro. All’improvviso, qualcuno del gruppo estrae una pistola, avvolta in un sacchetto di plastica per non disperdere i bossoli, e spara otto colpi precisissimi, che uccidono sul colpo Iaio e feriscono mortalmente Fausto, che morirà nel tragitto verso l’ospedale. Milano è sotto shock e pochi giorni dopo più di 50.000 persone commosse partecipano ai loro funerali. Le indagini seguono subito la pista di un regolamento di conti nel mondo della droga, ma i due ragazzi non hanno mai consumato stupefacenti in vita loro, e l’autopsia rivela che sono completamente puliti. Alla fine degli anni’70 l’eroina stava diventando sempre più popolare tra i giovani e Milano non faceva certo eccezione: in alcune zone, come quella del quartiere Casoretto, esistevano molti bar e locali notturni conosciuti come luoghi di spaccio, spesso gestiti da militanti di estrema destra. Fausto e Iaio da alcuni mesi avevano iniziato una personale indagine negli ambienti della malavita milanese per scoprire gli intrecci tra i trafficanti di eroina e i neofascisti: un’indagine precisa e dettagliata, con nomi e cognomi, indirizzi e piccoli grandi segreti del sottobosco malavitoso. Dopo la loro morte l’ inchiesta è portata avanti dal giornalista Mauro Brutto, che si appassiona alla vicenda dei due giovani e raccoglie indizi e preziose testimonianze. Una sera, mentre passeggia sotto casa, un’auto si avvicina ed esplode 3 colpi di pistola, senza colpirlo. E’ un avvertimento in piena regola, che però Mauro si rifuta di seguire. Un mese dopo, in uno strano incidente dalla dinamica mai del tutto chiarita, una Simca 1110 bianca lo investe a tutta velocità, uccidendolo sul colpo. La borsa contenente i documenti della sua indagine sul duplice omicidio viene rubata dalla scena dell’incidente e non verrà mai più ritrovata. Nel corso degli anni gli inquirenti hanno formulato diverse ipotesi sugli esecutori e i mandanti dell’agguato di Via Mancinelli e della morte di Brutto, ma nessuno ha scoperto la verità. Fausto e Iaio sono stati uccisi perché sapevano troppo del mercato dell’eroina e dei suoi rapporti con la destra eversiva milanese? Oppure, come sembra più probabile, sono stati assassinati da un commando fascista dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, tra i camerati del gruppo di Anselmi c’è Massimo Carminati, che svolge lavori sporchi per conto della banda della Magliana e ha rapporti con i servizi deviati. E’ stato accusato di aver ucciso Carmine Pecorelli ed ha lavorato con due ufficiali del Sismi a un tentativo di depistaggio dell’inchiesta sulla strage di Bologna, insieme a lui i camerati Claudio Bracci, Guido Zappavigna e Mario Corsi. Nei loro confronti ci sono alcuni indizi e le dichiarazioni dei pentiti.) arrivato apposta da Roma? E se questa ipotesi fosse vera, perché? Per sconvolgere l’ordine sociale e provocare una reazione violenta delle forze di sinistra? C’è poi un particolare inquietante in questa triste storia di morte e sogni spezzati troppo presto: Fausto Tinelli abitava con la madre Danila in via Montenovoso 9 a pochi metri di distanza dal civico 8, dall’alto lato della strada. Nell’ottobre 1978, sette mesi dopo la morte dei due giovani, in quello stabile decoroso e tranquillo verrà scoperto un covo delle Brigate Rosse, in cui gli inquirenti troveranno numerose lettere di Aldo Moro e i verbali dei suoi interrogatori. Strane coincidenze, che però non basteranno per scoprire i colpevoli. Il caso è stato chiuso nel 2000 dal pm Clementina Forleo che, pur in presenza di importanti elementi a carico di alcuni esponenti dell’estrema destra romana, non ha potuto far altro che archiviare il duplice omicido. Danila Tinelli ha cambiato casa ma non ha mai smesso di cercare giustizia per il suo Fausto, che ricorda sempre come“un ragazzo d’oro come pochi, timido e gentile con tutti…un figlio dolcissimo, che amava i libri e aveva tanti sogni nella testa”. In tutti questi anni Fausto e Iaio non sono mai stati dimenticati dal centro sociale “Leoncavallo”, che nel 1994 ha dedicato loro la nuova sede di via Watteau. Per una parte di Milano la loro morte è una ferita ancora aperta destinata a non rimarginarsi mai. In via Mancinelli c’è oggi un grande murales, che li ritrae insieme sorridenti e nel fiore degli anni, prima di finire ammazzati come bestie in un buia strada di periferia.

.----DA--------------> http://bellaciao.org/it/spip.php?article26186


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