Le Carte Parlanti

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Mundimago

domenica 28 aprile 2013

Sardegna diventa zona franca



Sardegna: eliminata l’iva, diventa zona franca

Il 7 febbraio, la Regione Sardegna ha stabilito l’attivazione di un regime doganale di “zona franca” in tutto il territorio, la cui sperimetrazione è coincidente con i confini naturali dell’Isola.

Lo stesso governatore Ugo Cappellacci ha firmato il documento con la richiesta al presidente del Parlamento e a quello della Commissione europea per fare in modo di inserire nel nuovo codice doganale comunitario anche la Sardegna e le sue isole circostanti tra i territori extra-doganali d’Italia in base al trattato di Lisbona.

Il nuovo codice doganale entrerà in vigore entro il 30 giugno e anche la Sardegna diventerà zona frana come Livigno, Campione d’Italia e le Canarie. Capellacci afferma quanto segue ”Ci apprestiamo a condurre una battaglia difficile, certi di avere il sostegno dell’Ue. Significa estendere ai benefici doganali anche quelli fiscali e del consumo”.

Una svolta epocale per il territorio sardo resa possibile dal Decreto legislativo 75 del 1998 e ai sensi dell’articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana che prevede l’impegno dell’Unione Europea nel ridurre il divario economico e sociale tra le regioni.

“L’istituzione della zona franca – scrive nella delibera il presidente Cappellacci – consente di compensare lo svantaggio relativo alla natura insulare e ultraperiferica della Sardegna, di limitare il fenomeno dello spopolamento dell’isola e di mantenere la pace sociale”.

L’attivazione della zona franca, sarà volta ad arginare la crisi che continua ad investire i settori produttivi della Sardegna e larghe fasce della popolazione con gravissimi disagi di tipo sociale e economico.

Andrea Impera, presidente regionale Associazioni del commercio e artigianato spiega “L’istituzione della zona franca trasformerà la Sardegna nella nuova Svizzera e permetterà il rifiorire dei piccoli commercianti e soprattutto dell’edilizia. Abbattere l’Iva ci consentirà di avere il carburante a costi bassissimi, di pagare pochissimo l’energia elettrica e di mettere in moto nuovamente tutto l’indotto legato al settore edilizio, un indotto ormai morto da anni e che ha ridotto sul lastrico intere famiglie. La zona franca ci permetterà di costruire a bassissimo costo e quindi favorirà gli investimenti”.

La decisione di trasformare la Sardegna in zona franca è stata presa da 240 Comuni dell’isola che hanno tutti deliberato per l’attivazione della “tax free”. Il primo comune a diventare la nuova Livigno dell’isola è stato Portoscuso che ormai da mesi, ha ottenuto anche il riconoscimento ufficiale di zona franca dalle Dogane. In questo territorio non esiste più il ricarico sui prodotti dell’Iva e anche la benzina costa meno di un litro di acqua naturale. Adesso anche le altre 240 amministrazioni comunali sarde aspettano la stessa ratifica ufficiale delle Dogane per abbattere i prezzi e dare nuovo impulso all’economia del territorio. La Sardegna, da questa decisione davvero rivoluzionaria, deve aspettarsi una grande ricrescita.




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sabato 27 aprile 2013

25 aprile di Marco Travaglio



La storia siamo loro

È vero, è vergognoso – come fanno notare giornali e storici a proposito del 25 aprile – riscrivere la storia a proprio uso e consumo secondo le convenienze del momento. Ma sbagliano bersaglio. Avremmo voluto leggere le loro dotte dissertazioni quando Napolitano e i suoi corifei hanno giustificato le larghe intese con B. commemorando Gerardo Chiaromonte, tirando in ballo il compromesso storico Moro-Berlinguer e dimenticando che quel progetto politico (discutibile finché si vuole) mirava a coinvolgere nell’area di governo un grande partito, il Pci, in forte ascesa nella società ma tagliato fuori dal dopoguerra a causa della conventio ad excludendum nata dalla guerra fredda. Qui invece si tratta di salvare le chiappe a Pdl e Pd, due partiti in picchiata (hanno perso 9 milioni di voti alle ultime elezioni), il primo dei quali posseduto da un imputato-impunito-ineleggibile-impresentabile che ha governato ufficialmente 12 anni su 20 e ufficiosamente 20 anni su 20 e solo un mese fa mandava i suoi parlamentari a occupare il Tribunale di Milano. Purtroppo nessuno ha invitato Napolitano; C. a ripassare la storia e soprattutto a non bestemmiare la memoria di Moro e Berlinguer. Ma le bestemmie non sono finite, perché Repubblica, nelle pagine della cultura, accanto alla recensione del saggio Manipolare la memoria, ospita un articolo dello storico Lucio Villari che arriva a paragonare l’inciucio Napoletta Pd-Pdl al “connubio” fra Camillo Cavour e Urbano Rattazzi nel marzo del 1852: “Una situazione politica e parlamentare più o meno analoga a quella attuale”. Forse è uno scherzo, come riconosce lo stesso Villari quando scrive che il connubio che portò il Conte, “capo della destra liberale”, alla presidenza del Consiglio col sostegno dei riformisti rattazziani e con “l’ostilità dei reazionari e del re”, “si basava su un progetto di grandi riforme economiche e sociali molto avanzate” e “su un’idea di libertà che Cavour intendeva tale solo se incardinata su quelle riforme”. Riforme che poi si fecero e aiutarono “i patrioti liberali e i democratici garibaldini e mazziniani di un’Italia che lottava per il risorgimento nazionale”. Qui l’unico risorgimento che si intravede è quello delle salme della prima e della seconda Repubblica che hanno portato il Paese al disastro e s’aggrappano al progetto restauratore di Napolitano e dei suoi presunti “saggi”. Qualche storico libero, casomai esistesse, potrebbe poi far sommessamente notare al capo dello Stato che qualcosa non quadra anche nella sua libera ricostruzione della Resistenza. Che, a suo dire, deve insegnarci a mantenere “coraggio, fermezza e senso dell’unità” anche nella fase politica attuale. Un’altra giusti(misti)ficazione delle larghe intese. Ma, se la Resistenza avesse badato alle larghe intese, non avrebbe visto contrapposti, e l’un contro l’altro armati, gli italiani che avevano scelto il fascismo e l’alleanza con i nazisti nella Repubblica Sociale e gli italiani che avevano scelto la democrazia e la libertà. Se è vero che la Repubblica Italiana è nata dalla Resistenza e che la Costituzione è nata contro il fascismo, di quale “unità” vanno cianciando lorsignori? In questi vent’anni, dalla Bicamerale in poi, ci sono politici (soprattutto di centrodestra, ma anche di centrosinistra) che hanno calpestato – con leggi incostituzionali, controriforme della Costituzione, comportamenti e atteggiamenti incostituzionali – i principi fondamentali della Carta: lavoro, pace, giustizia, legalità, libertà di informazione e di espressione, diritti delle minoranze, beni comuni, unità nazionale, divisione dei poteri. Sono gli stessi che ora si apprestano a rimettere le zampe sul governo e sulla Costituzione. Oggi il peggior modo di rispettare la storia e la memoria è proprio quello di dimenticare chi sono Berlusconi e i suoi complici, cos’hanno fatto e cosa vogliono ancora fare.

di Marco Travaglio
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Vito Crimi : m5s


Vito Crimi: 

1. Non ci dite che siamo incomunicabili perchè è dal giorno dopo le elezioni che chiediamo di lavorare in parlamento e nelle commissioni

2. Nelle poche volte che abbiamo preso dei provvedimenti in parlamento su cose buone abbiamo agito congiuntamente

3. Quando Napolitano ha nominato i saggi al m5s non è stato chiesto nessun parere.

4. Ce ne sbattiamo della comunicabilità, noi stiamo chiedendo i fatti

5. Nelle azioni concrete il m5s ci sarà e farà una opposizione matura e non di demolizione

6. La fiducia ve la scordate visto che non si è visto ancora un cambiamento in meglio

7. Ci aspetteremo una squadra di governo di alto profilo al di fuori delle logiche. Deve essere un governo al di sopra delle parti. Ci hanno sempre risposto che il governo deve essere composto dai vincitori.

8. Il programma del pd è abbastanza forte ma non è fiducioso del fatto che verrà applicata

9. Molte idee del m5s sono facilmente accoglibili dal pd e sono a costo zero.

10. Ci si augura che si dia valore al senso etico a giustizia e legalità in parlamento (incandidabili)

11. La presenza del m5s è di stimolo a un cambiamento


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ENRICO LETTA : i NO al suo governo


IL NO IN ASSOLUTO DEL MOVIMENTO 5 STELLE.
Beppe Grillo attacca dal web la formazione del nuovo esecutivo.
'Il governo che sta nascendo è un'ammucchiata degna del miglior bunga bunga. Tutti passivi tranne uno che di bunga bunga se ne intende. Una mescolanza che sconfina nell'incesto, lettiana, che ha in sé il profumo di famiglia, da Mulino Bianco dell'Inciucio'. Lo scrive Grillo sul suo blog.
'Zio e Nipote Letta si sono alternati come sottosegretari alla presidenza del Consiglio negli ultimi vent'anni. Cambiava il presidente, ma la famiglia Letta era sempre presente. A garanzia di chi? E' una coincidenza singolare questa successione monarchica. Una famiglia di predestinati', si legge ancora.
'L'esultanza dei giornali e delle televisioni per l'ammucchiata di regime è propria dei servi che hanno conservato il posto di lavoro. I partiti hanno evitato una Caporetto e si sono rinchiusi in un bunker, tutti assieme appassionatamente, ormai è amore - prosegue - Coloro che si insultavano in campagna elettorale 'Comunisti!', 'Mai con Berlusconi!' si sono infilati insieme sotto le coperte pur di non dover rendere conto alla Nazione del loro fallimento. Il governo minestrone avrà i peggiori odori e sapori della Seconda Repubblica e qualche resto avariato della Prima, come Amato, il tesoriere di Craxi. Pietanze che solo le televisioni riescono a far digerire'.
Assente ieri alle Consultazioni con il premier incaricato Enrico Letta, il leader del Movimento 5 Stelle ha tuonato a distanza con un commento apparso sul suo sito: 'Con questi non ci mescoleremo mai. Questa casta ha ucciso la democrazia in questo Paese'.
'Con la nomina a presidente del Consiglio di un membro di bildeberg il 25 aprile è morto. E' quanto scritto sul blog di Beppe Grillo. Se 'il 25 aprile è morto', allora 'oggi evitiamo di parlarne, di celebrarlo, restiamo in silenzio con il rispetto dovuto ai defunti. Se i partigiani tornassero tra noi si metterebbero a piangere'. Così Beppe Grillo nell'intervento sul suo blog sul 25 aprile e sui contrasti sulla linea da tenere sulle celebrazioni della ricorrenza.
'Nella nomina a presidente del Consiglio di un membro del Bildeberg il 25 aprile è morto, nella grassa risata del piduista Berlusconi in Parlamento il 25 aprile è morto - è scritto sul sito di Grillo - nella distruzione dei nastri delle conversazioni tra Mancino e Napolitano il 25 aprile è morto, nella dittatura dei partiti il 25 aprile è morto, nell'informazione corrotta il 25 aprile è morto, nel tradimento della Costituzione il 25 aprile è morto, nell'inciucio tra il pdl e il pdmenoelle il 25 aprile è morto, nella rielezione di Napolitano e il passaggio di fatto a una Repubblica presidenziale il 25 aprile è morto, nell'abbraccio tra Bersani e Alfano il 25 aprile è morto, nella mancata elezione di Rodotà il 25 aprile è morto, nella resurrezione di Amato, il tesoriere di Bottino Craxi, il 25 aprile è morto, nei disoccupati, nelle fabbriche che chiudono, nei tagli alla Scuola e alla Sanità il 25 aprile è morto, nei riti ruffiani e falsi che oggi si celebrano in suo nome il 25 aprile è morto - prosegue il blog -nel grande saccheggio impunito del Monte dei Paschi di Siena il 25 aprile è morto, nel debito pubblico colossale dovuto agli sprechi e ai privilegi dei politici il 25 aprile è morto, nei piduisti che infestano il Parlamento e la nazione il 25 aprile è morto, nelle ingerenze straniere il 25 aprile è morto, nella perdita della nostra sovranità monetaria, politica, territoriale il 25 aprile è morto, nella mancata elezione di Rodotà il 25 aprile è morto, nella Repubblica nelle mani di Berlusconi, 77 anni, e Napolitano, 88 anni, il 25 aprile è morto, nei processi mai celebrati allo 'statista' Berlusconi il 25 aprile è morto, nella trattativa Stato - mafia i cui responsabili non sono stati giudicati dopo vent'anni il 25 aprile è morto, nel milione e mezzo di giovani emigrati in questi anni per mancanza di lavoro il 25 aprile è morto, nell'indifferenza di troppi italiani che avranno presto un brusco risveglio il 25 aprile è morto. Oggi evitiamo di parlarne, di celebrarlo, restiamo in silenzio con il rispetto dovuto ai defunti. Se i partigiani tornassero tra noi si metterebbero a piangere'.


IL NO DI SINISTRA E LIBERTA'
'Abbiamo spiegato le ragioni della nostra opposizione a quello che si preannuncia essere un governo di larghe intese'.Nichi Vendola al termine dell'incontro con il Presidente del consiglio incaricato Enrico Letta, conferma il no di Sel all'esecutivo sottolineando che le larghe intese 'sono la risposta sbagliata al fatto epocale della richiesta di cambiamento'.
'Abbiamo rivolto un augurio sincero di buon lavoro ad Enrico Letta'. Nichi Vendola, nel ribadire che Sel resterà all'opposizione, sottolinea però come non vi sia 'nessuna ostilita' nei confronti della persona' del presidente del Consiglio incaricato. Inoltre, aggiunge, 'la nostra opposizione non significa regredire verso forme di populismo'.
Anche perché, conclude, se il governo dovesse nascere', deve dare risposte certe sui temi della cassa integrazione in deroga, degli esodati, della crisi sociale e del negoziato con l'Europa per ridiscutere in radice le politiche di austerity. 'Il Cln era un luogo in cui convivevano diversità straordinariamente lontane e per certi versi inconciliabili.
Solo un soggetto non c'era: i fascisti', Vendola, rispondendo ad una domanda sul 25 aprile al termine delle consultazioni con Enrico Letta, accosta l'antifascismo all'antiberlusconismo. 'Ecco, se avessimo dovuto ispirarci a quella esperienza - osserva Vendola - erano altri gli alleati da cercare visto che il nostro tema è uscire dal ciclo del berlusconismo'.


IL NO DELLA LEGA.
'Soddisfazione perché l' incarico non è stato dato alle persone sui c'era la nostra netta e totale pregiudiziale contrarietà'. Lo afferma Roberto Maroni segretario della Lega Nord, al termine dell'incontro con il premier incaricato Enrico Letta. Maroni pone tre condizioni (macroregione, risorse per il 75 per cento al nord e sistema federale) per entrare in maggioranza. 'Attendiamo di sapere se saranno punti del governo se no staremo all'opposizione, concreta non ideologica che con il governo vuole sviluppare un rapporto dialettico'.
'Attendiamo il discorso del premier incaricato ma mi pare di poter dire che noi staremo all'opposizione, siamo su questa posizione di stimolo'.
'Ho trovato Letta molto determinato e concreto e consapevole che se il suo tentativo fallisce si va alle elezioni anticipate'.
La Lega, ha spiegato ancora Maroni, non entrerà nel Governo e resterà all'opposizione 'a meno che Letta non accetti i nostri punti programmatici'.
''Abbiamo ribadito l'intenzione di non dare la fiducia'' al governo perché ''non crediamo nelle fusione a freddo'' e abbiamo il dubbio che sarà una riedizione del governo Monti.
''Ciononostante abbiamo esposto la nostra disponibilità alla collaborazione sui temi che fanno parte del nostro programma, a cominciare dal lavoro, e che risolvano i problemi del Paese''.
Cosi' Guido Crosetto, cofondatore di Fratelli d'Italia, al termine dell'incontro con Enrico Letta.


CHI E' ENRICO LETTA.
Nato a Pisa nel 1966, Enrico Letta ha già alle spalle una lunga esperienza di governo.
Ministro per le Politiche Comunitarie dal 1998 al 1999 con il governo guidato da Massimo D'Alema, nel dicembre del '99 fu promosso al Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato, incarico ricoperto anche durante il successivo governo Amato.
Al ritorno al potere del centrosinistra, con Prodi nel 2006, fu nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Due anni dopo, caduto l'esecutivo, restituì la carica allo zio Gianni Letta, esponente di spicco del Pdl e da sempre braccio destro di Silvio Berlusconi (nella foto il passaggio di consegne).
Nel 2007, Letta si candidò alla segreteria del neonato Partito Democratico giungendo terzo dopo Walter Veltroni e Rosy Bindi.
Nella sua carriera politica, Enrico Letta ha vissuto da protagonista tutta l'evoluzione della sinistra Dc passando per il Partito Popolare, la Margherita e il Partito Democratico.
Del Pd, Enrico Letta è vicesegretario dal 2009.


leggi anche : http://cipiri.blogspot.it/2013/04/enrico-letta-due-cablo-di-wikileaks.html
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venerdì 26 aprile 2013

Enrico Letta : Due cablo di WikiLeaks fotografano il sistema


«Fortemente pro-americano». E’ questo il ritratto di Enrico Letta che esce dai cablo di WikiLeaks, pubblicati in esclusiva per l’Italia da “l’Espresso”. Un leader politico che l’ambasciatore americano a Roma può avvicinare anche per discutere questioni delicatissime, come l’esigenza degli Stati Uniti di fermare Armando Spataro e i magistrati di Milano, determinati ad arrestare gli agenti della Cia responsabili dell’extraordinary rendition di Abu Omar.
Due cablo di WikiLeaks fotografano il “sistema Letta”, restituendo un’istantanea di come il potere e i contatti con la diplomazia americana si travasino dallo zio Gianni al nipote Enrico.
Come in un sistema di vasi comunicanti, dove il liquido raggiunge lo stesso livello indipendentemente dalla forma del recipiente, così i Letta sembrano fornire agli americani lo stesso livello di accesso alla politica italiana, indipendentemente da chi governa.
Risultato? Che sia Gianni, «un individuo estremamente potente che gestisce gli affari più delicati di Berlusconi», o Enrico, «il sottosegretario del primo ministro (Prodi), nipote del sottosegretario (dell’ex primo ministro) Berlusconi», gli americani hanno comunque un contatto apicale nel governo italiano con cui discutere delle faccende che più stanno a cuore agli Usa: dalla finta “commissione congiunta” per indagare sull’uccisione in Iraq del funzionario del Sismi, Nicola Calipari, accettata di buon grado da Gianni Letta durante il governo Berlusconi, nonostante la diplomazia americana abbia detto in faccia a Letta che la “commissione congiunta” non sarà affatto “congiunta”, fino all’esigenza di stoppare la procura di Milano nel caso Abu Omar, un problema che Enrico Letta consiglia di discutere personalmente con il ministro della Giustizia del governo Prodi, Clemente Mastella.
Certo, i cablo diffusi da WikiLeaks raccontano la versione dei fatti vista da via Veneto, e dunque offrono una visione di Gianni ed Enrico Letta filtrata dalla percezione che ne ha l’ambasciata Usa a Roma, ma si tratta pur sempre di documenti ufficiali di Washington, scritti con la franchezza di chi è convinto che rimarranno segreti per decenni o, in alcuni casi, per sempre.
I due cablo, che permettono di ‘assistere’ al passaggio di consegne dallo zio al nipote, sono del 2006. L’ambasciata di via Veneto racconta a Washington l’incontro tra Gianni Letta e la delegazione Usa per gli affari internazionali della House of Representatives (una delle due camere del Congresso degli Stati Uniti). Le elezioni di aprile si sono appena tenute, ma il risultato della consultazione elettorale è in bilico per le incertezze nella conta dei voti. La sconfitta di Berlusconi, però, sembra certa e al governo si preannuncia una coalizione di centrosinistra.
«Letta (senior) era insolitamente espansivo e di umore nostalgico», scrivono gli americani, che sono interessati a capire cosa succederà ora che la coalizione di centrodestra sembra battuta. Fin dal 2001 Berlusconi e il suo governo sono stati a fianco dell’America di George W. Bush come nessun’altra nazione in Europa, lo hanno appoggiato nelle decisioni più controverse, quelle che gli altri paesi europei hanno rigettato e criticato: dalla guerra in Iraq alle questioni sul clima. Ora, però, l’esecutivo Berlusconi è tramontato, come si metteranno le cose per gli americani?
A rassicurarli è proprio Gianni Letta: «Indipendentemente dalla vittoria del centrosinistra», spiega, «le relazioni Italia-Usa continueranno a essere forti, perché sono basate sulla storia e sulle relazioni personali». Letta senior non entra nel merito di quest’ultime, ma racconta «con nostalgia e orgoglio i suoi personali rapporti con gli ambasciatori americani fin dall’era di Carter». Poi parla dei suoi piani futuri: rimarrà al fianco di Berlusconi e l’opposizione del centrodestra al governo Prodi sarà particolarmente forte. Poi butta là una frase: «forse la nostra cooperazione ora potrebbe essere ancora più forte». Non aggiunge altro, lascia solo intendere che Stati Uniti e centrodestra potrebbero lavorare in stretta collaborazione contro il governo di centrosinistra.
E’ una frase che colpisce soprattutto se riletta alla luce dell’inchiesta della procura di Napoli, sulle manovre americane del 2007 per far cadere il governo Prodi, cercando di usare Sergio De Gregorio e di avvicinare Clemente Mastella .
Nel colloquio con Gianni Letta, gli americani notano un particolare: «La cosa interessante», scrivono, «è che Letta aveva l’esatto conteggio dei voti prima ancora che la Corte di Cassazione lo annunciasse: il risultato è stato annunciato poco dopo la fine dell’incontro con la delegazione». Un dettaglio interessante, viste le polemiche sulle elezioni politiche dell’aprile 2006, in cui il giornalista Enrico Deaglio parlò di brogli.
Il 24 maggio 2006, esattamente un mese dopo il colloquio di Gianni Letta con la delegazione americana, il governo Prodi è in sella e l’ambasciatore Usa a Roma, Ronald Spogli, incontra un nuovo Letta: Enrico, «sottosegretario del primo ministro (nipote del sottosegretario di Berlusconi, Gianni Letta)», scrive Spogli .

Anche in questo caso, gli Usa vogliono capire cosa li aspetta, come si muoverà l’Italia di Prodi. Enrico Letta spiega di ritenere che l’Italia supporterà le posizioni degli Stati Uniti su Israele e i palestinesi, che lui personalmente vede le basi Usa in Italia come un fattore positivo. Il giovane Letta si descrive come «fortemente pro-americano», spiegando di considerare le relazioni Italia-Usa essenziali.

A quel punto l’ambasciatore fa presente che «nel contesto di mantenere le nostre eccellenti relazioni bilaterali, nulla danneggerebbe quelle relazioni in modo più rapido o grave della decisione del governo italiano di inviare negli Usa i mandati di arresto dei presunti agenti Cia nominati nel caso Abu Omar. Questo è assolutamente essenziale», fa presente Spogli.
Stando a quanto racconta il cablo, Enrico Letta non si mostra minimamente turbato da quell’ingerenza: prende nota della richiesta e «suggerisce all’ambasciatore di discutere personalmente la questione con il ministro della Giustizia Mastella, che – consiglia Letta – dovrebbe essere invitato a Washington quanto prima per un incontro con l’Attorney General».
Il file racconta che Letta junior e Spogli concordano di rimanere in contatto. Due anni dopo questo cablo, il governo Prodi è out, Berlusconi è di nuovo al potere. Dal database dei file di WikiLeaks sparisce Enrico e torna Gianni. Ma il risultato non cambia.

di Stefania Maurizi -
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giovedì 25 aprile 2013

BLOG DI CIPIRI: IL 25 APRILE 2011 , VADO IN PIAZZA

C’è una colpa collettiva nel non aver salvaguardato la memoria di allora, 
se non si sanno riconoscere le facce che interpretano il fascismo oggi,
 i modi dell’attuale corruzione, non molto diversa da quella che fece assassinare Matteotti, 
le fattezze dell’illegalità, sempre criminale come quella dei killer al servizio di Mussolini,
l’avidità rapace di padroni, che ieri come oggi sono dediti all’ accumulazione e alla rapina, l’assoggettamento della stampa, arresa ai ricatti e alle lusinghe.
 E se non riconosciamo qual è la parte giusta,
 perché aprile può essere il più crudele dei mesi 
se dimentichiamo 
giustizia, dignità, libertà.

Quando hai 50 anni e sei precario e disoccupato ti senti soffocare…
Quando bussi alle porte del lavoro delle istituzioni e chi le apre non ti dà neanche più la pacca sulle spalle ma allarga le braccia e tace, ti senti soffocare…
Quando sei giovane e non vedi nessun futuro perché con il tuo lavoro non potrai neanche affittarti un box auto, ti senti soffocare..
Quando inizi a capire e capisci che la scuola sarà solo per ricchi dove il figlio del notaio dell’avvocato o dell’affarista in qualche maniera la sfangheranno ed invece tu figlio di operai-impiegati puoi anche andare a farti fottere, allora se capisci ti senti soffocare…

continua qui ...
BLOG DI CIPIRI: IL 25 APRILE 2011 , VADO IN PIAZZA: VADO IN PIAZZA A MILANO  IL 25 APRILE 2011 ORE 14 FERMATA DELLA METRO MM1 VIA PALESTRO. Quando hai 50 anni e sei precario e disocc...

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martedì 23 aprile 2013

Il TRAVAGLIO DI NAPOLITANO



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Roma 

- Il Giuramento e il Messaggio

 di Giorgio Napolitano (22.04.13) 

STEFANO RODOTA' 
"SONO SCANDALIZZATO:
 MENTRE NAPOLITANO DICEVA DELL'IRRESPONSABILITÀ DEI PARTITI,
 QUELLI APPLAUDIVANO INVECE DI STARE ZITTI E VERGOGNARSI."

 

Editoriale al vetriolo del vice direttore del Fatto quotidiano sul nuovo mandato al Capo dello Stato


"La scena supera la più allucinata fantasia dei maestri dell'horror, roba da far impallidire Stephen King e Dario Argento. Il cadavere putrefatto e maleodorante di un sistema marcio e schiacciato dal peso di cricche e mafie, tangenti e ricatti, si barrica nel sarcofago inchiodando il coperchio dall'interno per non far uscire la puzza e i vermi. Tenta la mission impossible di ricomporre la decomposizione. E sceglie un becchino a sua immagine e somiglianza: un presidente coetaneo di Mugabe, voltagabbana (fino all'altroieri giurava che mai si sarebbe ricandidato) e potenzialmente ricattabile (le telefonate con Mancino, anche quando verranno distrutte, saranno comunque note a poliziotti, magistrati, tecnici e soprattutto a Mancino), che da sempre lavora per l'inciucio (prima con Craxi, poi con B.) e finalmente l'ha ottenuto. E con una votazione dal sapore vagamente mafioso (ogni scheda rigorosamente segnata e firmata, nella miglior tradizione corleonese). Pur di non mandare al Quirinale un uomo onesto, progressista, libero, non ricattabile e non controllabile, il Pd che giurava agli elettori "mai al governo con B." va al governo con B., ufficializzando l'inciucio che dura sottobanco da vent'anni. Per non darla vinta ai 5Stelle, s'infila nelle fauci del Caimano e si condanna all'estinzione, regalando proprio a Grillo l'esclusiva del cambiamento e la bandiera di quel che resta della sinistra (con tanti saluti ai "rottamatori" più decrepiti di chi volevano rottamare). La cosa potrebbe non essere un dramma, se non fosse che trasforma la Repubblica italiana in una monarchia assoluta e la consegna a un governo di mummie, con i dieci saggi promossi ministri e il loro programma Ancien Régime a completare la Restaurazione. Viene in mente il ritorno dei codini nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, con la differenza che qui non c'è stata rivoluzione né s'è visto un Napoleone. Ma il richiamo storico più appropriato è Weimar, con i vecchi partiti di centrosinistra che nel 1932 riconfermano il vecchio e rincoglionito generale von Hindenburg, 85 anni, spianando la strada a Hitler. Qui per fortuna non c'è alcun Hitler all'orizzonte. Però c'è B., che fino all'altroieri tremava dinanzi al Parlamento più antiberlusconiano del ventennio e ora si prepara a stravincere le prossime elezioni e salire al Colle appena Re Giorgio abdicherà. A meno che non resti abbarbicato al trono fino a 95 anni, imbalsamato e impagliato come certi autocrati, dagli iberici Salazar e Franco ai sovietici Andropov e Cernenko, tenuti in vita artificialmente con raffinate tecniche di ibernazione e ostesi in pubblico con marchingegni alle braccia per simulare un qualche stato motorio. Ieri, dall'unione dei necrofili di sinistra e del pedofilo di destra, è nato un regime ancor più plumbeo di quello berlusconiano e più blindato di quello montiano, perché è l'ultima trincea della banda larga che comanda e saccheggia l'Italia da decenni, prima della Caporetto finale. Prepariamoci al pensiero unico di stampa e tv, alla canzone mononota a reti ed edicole unificate. Ne abbiamo avuto i primi assaggi nelle dirette tv, con la staffetta dei signorini grandi firme che magnificavano l'estremo sacrificio dell'Uomo della Provvidenza e del Salvatore della Patria, con lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati delle solite cariatidi. Le famose pompe funebri. Ps. Da oggi Grillo ha una responsabilità infinitamente superiore a quella di ieri. Non è più solo il leader del suo movimento, ma il punto di riferimento di quei milioni di cittadini (di centrosinistra, ma non solo) che non si rassegnano al ritorno dei morti morenti e rappresentano un quarto del Parlamento. A costo di far violenza a se stesso, dovrà parlare a tutti con un linguaggio nuovo. Senza rinunciare a chiamare le cose col loro nome. Ma senza prestare il fianco alle provocazioni di un regime fondato sulla disperazione, quindi capace di tutto." 

STEFANO RODOTA': "SONO SCANDALIZZATO: MENTRE NAPOLITANO DICEVA DELL'IRRESPONSABILITÀ DEI PARTITI, QUELLI APPLAUDIVANO INVECE DI STARE ZITTI E VERGOGNARSI."

*
[estratti dall'intervista di Rodotà al Manifesto di oggi 23 aprile]

"Vanno riaperti i canali di comunicazione fra istituzioni e società, soprattutto dopo il governo Monti, con il parlamento ridotto a passacarte. Posso ricordare che nel pacchetto della COSTITUENTE DEI BENI COMUNI ho predisposto un testo per l'obbligo di presa in considerazione da parte del parlamento dell'iniziativa popolare..

La larga intesa si fa con il responsabile dello sfascio e della regressione culturale e politica di questo paese. Si faranno interventi economici, si utilizzeranno i modestissimi documenti dei saggi, ma non potrà essere affrontata nessuna della questioni che possono restituire alla politica e al parlamento una qualità di interlocutore della società..

Sono contento, ma anche molto sorpreso, di questo senso di identificazione emerso nei miei confronti. Io ho una lunga storia personale nella sinistra, di lavoro teorico ma non solo: le forze politiche non hanno capito niente del referendum sull'acqua votato da 27 milioni di persone..

Ho letto microvolgarità su di me. L'unico salotto a cielo aperto in cui sono stato si chiama Pomigliano. Lì, alla manifestazione della Fiom, ho portato lo striscione con il mitico Ciro. Sarò alla manifestazione della Fiom del 18 maggio..

Io non ho niente di carismatico. Semplicemente, testimonio che si può lavorare sulle cose: beni comuni, acqua, le discriminazioni.
Quale cultura politica possiamo mettere in campo?

In questo momento temo un vero rischio per la democrazia.
Non siamo al duello finale fra democrazia di rete e democrazia rappresentativa. Piuttosto, vedo un obbligo: nella Costituzione c'è un filo sottile fra referendum e iniziativa popolare che dev'essere rafforzato non come una via alternativa. Nel Trattato di Lisbona c'è un'apertura importante in questo senso. I sindacati europei stanno promuovendo un'iniziativa per chiedere alla Commissione di stabilire le regole sulla non privatizzabilità del servizio pubblico. Sa quante firme sono state raccolte finora? Un milione e 600mila in tutta Europa. È il momento di lavorare su questo..

La cultura illuminista ha rilanciato tre valori. Libertà, uguaglianza e fraternità.
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