Le Carte Parlanti

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Mundimago

giovedì 30 giugno 2011

Vauro Senesi , Sotto tiro, Flotilla pronta a salpare



DIARIO DI BORDO DI VAURO


Vauro Senesi : ” Sotto tiro, Flotilla pronta a salpare “

Inizia oggi il mio «diario di bordo» anche se il termine è improprio visto che a bordo ancora non sono. La «Stefano Chiarini» è alla rada a Corfù. Le altre navi della Freedom Flotilla sono ancorate in diversi porti greci e via via gli attivisti provenienti da tanti paesi diversi stanno lasciando Atene per raggiungerle. Ci sono state e ci sono forti pressioni da parte di Israele sul governo greco perché impedisca alle navi di salpare alla volta di Gaza e le autorità stanno creando non poche difficoltà di ordine burocratico per ritardarne in ogni modo la partenza che comunque è ormai imminente. Prova ne è la continua escalation della propaganda israeliana per screditare il valore assolutamente pacifico della Flotilla. Ieri il ministro degli esteri Lieberman è arrivato a dichiarare che i pacifisti sarebbero tutti attivisti terroristi che vanno cercando il sangue. Si va dal sostenere che a bordo ci sarebbero liquidi chimici altamente infiammabili per bruciare i commandos israeliani nel momento dell’arrembaggio, fino a far circolare su Youtube il video di un presunto gay americano che racconta di non essere stato accettato sulla Flotilla a causa della sua omosessualità. E che, vista l’omofobia di Hamas, questa sarebbe la prova cheHamas è a capo dell’organizzazione. Peccato che il video risulti postato dall’ufficio del primoministro israeliano. Ma a quanto pare non ci si limita soltanto a misure propagandistiche, ieri (l’altro ieri per chi legge) una nave, la greca «Giuliano» ha subìto un atto di sabotaggio, l’albero dell’elica è stato segato da qualche esperto subacqueo. Nonostante la tensione il clima tra i pacifisti è improntato all’ottimismo e la determinazione a portare a buon fine la missione è molto salda. Dopo gli stage seguiti da tutti per addestrarsi a non reagire con violenza, né fisica né verbale, all’eventuale attacco israeliano in mare, sono stati aumentati i livelli di vigilanza per evitare che qualche provocatore possa riuscire ad infiltrarsi nelle file degli attivisti che si imbarcheranno. La totale ed assoluta trasparenza sulla natura pacifica della operazione della Flotilla è l’unica e la migliore risposta alla ostilità del governo israeliano che già ieri si è visto costretto a ritirare l’assurda minaccia di non consentire ai giornalisti che si fossero imbarcati l’accesso ad Israele per dieci anni. Del resto sulle navi saranno presenti anche giornalisti israeliani come Amira Hass di Haaretz e Menachem Gantz di Yedioth Ahronoth che avrebbe dovuto imbarcarsi proprio sulla «Stefano Chiarini» ma che salirà invece sulla nave americana. Quella che si sta «combattendo» in questi giorni prossimi alla partenza è in definitiva la «battaglia» tra chi ha dalla sua soltanto la convinzione delle ragioni di un’azione di pace e chi considera queste una sfida ed una pericolosa provocazione alla propria autorità ed è pronto ad usare ogni mezzo lecito ed illecito per contrastarle. In palio c’è la speranza. La speranza della gente di Gaza strangolata dalla guerra e da anni di assedio di vedere apparire all’orizzonte del suo mare le navi che insieme agli aiuti portino il segnale tangibile che esiste unmondo che non la dimentica, che non la lascia sola.

Dal Manifesto del 29.6.2011


http://www.freedomflotilla.it/


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lunedì 27 giugno 2011

Agcom non censurare internet

 

Agcom: non censurare internet!

Manda un messaggio

Invia il messaggio pre-compilato sotto, o cancella il testo e scrivine uno tuo. Ricorda però di essere educato!
Avaaz.org protegge la tua privacy e ti tiene informato su questa e altre campagne simili.

Aiutaci ad arrivare a 75,000

Il nostro governo ha lanciato un nuovo attacco alla libertà di accesso all'informazione, e già questa settimana l’Autorità per le comunicazioni (Agcom), un organismo di nomina politica, potrebbe votare una regolamentazione che censurerebbe internet definitivamente.

Se la regolamentazione passasse, l'Autorità potrebbe chiudere interi siti internet stranieri - da Wikileaks a Youtube ad Avaaz! - sulla base di un mero sospetto di violazione del copyright, in modo arbitrario e senza il controllo del giudice.

I membri dell’Autorità sono divisi sulla questione, e se accenderemo subito i riflettori pubblici su di loro, potremmo convincerli a passare la questione al Parlamento, come prevede la nostra Costituzione. Inondiamoli di messaggi per chiedere di astenersi dall’adottare la regolamentazione e preservare la libertà della rete. Agisci ora e inoltra l'appello a tutti!

 http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio/?rc=fb&pv=0


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domenica 26 giugno 2011

I 99 POSSE A BERLUSCONI , TI VUOI VENDICARE PERCHE' NON ABBIAMO VOTATO I TUOI AMICI CAMORRISTI




NAPOLI

I 99 POSSE A BERLUSCONI 

TI VUOI VENDICARE PERCHE'

NON ABBIAMO VOTATO I TUOI AMICI CAMORRISTI


I 99 POSSE A BERLUSCONI: "TI VUOI VENDICARE PERCHE' NON ABBIAMO VOTATO I TUOI AMICI CAMORRISTI,MA NON SUBIREMO IN SILENZIO"


Ce l'avevi promesso che ce l'avresti fatta pagare e sei stato di parola. Le migliaia di tonnellate che si accumulano e si decompongo a Napoli e provincia, con rischi crescenti per la salute di donne, uomini, vecchi, bambini, sono il prezzo per la nostra insubordinazione. E' la vendetta contro un popolo che ha scelto di essere libero e di non votare i tuoi sgherri in odore di camorra. E così oggi i tuoi alleati della lega, che ti tengono per le palle, si permettono di stralciare la discussione sul decreto dei rifiuti già in agenda in un consiglio dei ministri. E così continui a ignorare gli appelli del presidente Napolitano che ti invita a intervenire prima che la situazione degeneri. E' la vendetta miserabile di un piccolo uomo, che vede dietro l'angolo la sua definitiva sconfitta politica e trasforma la frustrazione in rancore livido, più puzzolente della monnezza che infesta le strade della nostra città. Ma Napoli saprà opporsi alla tua infamia, ci siamo sempre rimessi in piedi, sempre. Anche quando una parte dei nostri concittadini ha preferito collaborare con l'invasore, perché tu quello sei: un invasore. Collaborazionisti prezzolati che rovesciano in strada i rifiuti con gli stessi mezzi con i quali dovrebbero raccoglierli. Collaborazionisti e infami che minacciano gli equipaggi dell'Asia costringendoli con la forza ad abbandonare il campo. Non ti illudere, Napoli saprà reagire, dovessimo venire a prenderti fino a Roma dove indegnamente eserciti la tua funzione di primo ministro di un governo che dovrebbe tutelare e rappresentare anche i tuoi avversari. Anche noi. Napoli non dimentica e non subisce in silenzio. Saremo noi, se la tua vendetta non evolverà in un ragionevole cambio di rotta, a cacciarti per sempre dalla politica italiana. Ora basta, se sei contro di noi, Napoli sarà contro di te senza mediazioni e senza nessuna giustificazione per quei nostri concittadini traditori che ancora ti conferiscono legittimità.

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Sentenza storica sull’amianto



Sentenza storica sull’amianto
SOLO la trasmissione di Rai 3 Hotel Patria di Mario Calabresi e Brontolo di Oliviero Beha che recentemente hanno dato spazio all’argomento.

Smettiamola di chiamarle “morti bianche”. Non sono bianche, non c’è niente di candido o di innocente in questi decessi. Lo ripete, ossessivamente e correttamente Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. Sono veri e propri omicidi e i killer hanno nomi precisi: indifferenza alle leggi, mancanza di prevenzione e la logica del profitto a tutti i costi che se ne infischia delle condizioni di lavoro. Una media di 3,87 morti al giorno, come recita l’omonimo cortometraggio realizzato nel 2005 da Valerio Mastandrea. Oltre mille morti l’anno, circa 30 mila infermità permenenti, oltre un milione di incidenti. Uno dei tanti tristi primati dell’Italia anche se le statistiche ufficiali evidenziano un calo degli infortuni. Ma quanti sono i casi non denunciati perchè i lavoratori sono costretti a tacere con la minaccia di licenziamenti o altre azioni disciplinari, come sospensioni e trasferimenti?

Giornali e televisioni accendono timidamente i riflettori solo quando il numero dei morti supera le tre-quattro unità. Ma un “omicidio bianco” isolato non fa mai notizia (a differenza dei noti delitti privati stile Cogne o Garlasco a cui vengono dedicate ore ed ore di trasmissioni) e conquista appena il trafiletto di un quotidiano locale: “Muore cadendo da un’impalcatura”, “Risucchiato da un macchinario da fieno”, “Stritolato tra le lame d’acciaio di un’imballatrice”.

L’informazione è ancor più latitante e colpevole quando si tratta di morti per cause “invisibili” non ricondubili a impalcature o macchinari. L’amianto, ad esempio, un materiale molto comune in natura e utilizzato per edifici, tetti, navi, treni; come materiale per l’edilizia (tegole, pavimenti, tubazioni, vernici…). Respirarne le polveri può provocare il mesotelioma pleurico e dei bronchi, il carcinoma polmonare e condurre ad una morte lenta, per soffocamento.

Lo sanno bene gli abitanti di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, una città di poco più di 30 mila abitanti, di cui 1.200 sono morti (e altri si teme ne moriranno) per aver inalato le particelle di questo maledetto minerale che si conficca come un ago nelle vie respiratorie. E bene hanno fatto i familiari delle vittime a manifestare contro quel processo breve che rischierebbe di far saltare il processo Eternit e segnare un altro durissimo colpo alla giustizia italiana.

Tuttavia, alcuni giorni fa, a Genova, il Tribunale ha emesso una sentenza storica. Che non potrà mai risarcire madri, padri, mogli e mariti, fratelli e sorelle dalla perdita dei loro cari ma che almeno è un “riconoscimento con i crismi della legge”, come afferma il bravo e sensibile giornalista Valter Vecellio, che ha rivelato il caso sul sito di Articolo21: un uomo, Silvano Piccardo, è morto di tumore nel 2005. Un gran fumatore, ammette la vedova che si è rivolta alla magistratura senza nascondere una delle cause ipotetiche del decesso. Ma il marito ha lavorato per anni a contatto con l’amianto. I giudici di primo grado avevano definito tale esposizione non rilevante, ma in appello la sentenza viene rovesciata, ed è stato riconosciuto che quelle polveri invisibili sono state letali.

Anche i familiari di un operaio della Fincantieri di Ancona sono stati recentemente risarciti, sempre in Corte d’appello, perchè si è dimostrato che un lavoratore per anni impiegato nelle navi è stato a contatto con le polveri d’amianto. Ma quanti sono ancora i casi simili nel resto d’Italia? Giornali e tv non ne parlano, a parte le solite rare eccezioni come le trasmissioni di Rai 3 Hotel Patria di Mario Calabresi e Brontolo di Oliviero Beha che recentemente hanno dato spazio all’argomento. Perchè questo silenzio?

Ps. Nel palazzo della Rai di Viale Mazzini c’è l’amianto. Lo rivela uno studio condotto dall’Istituto di medicina del lavoro della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma che certifica la presenza di amianto in questo edificio dove lavorano oltre 2 mila dipendenti. L’ingresso principale è sbarrato per operazioni “di bonifica” da quasi un anno, mentre i lavori si sarebbero dovuti concludere in pochi mesi. I dipendenti, con atti formali hanno chiesto ufficialmente alla Rai di prendere provvedimenti o quantomeno, di sapere la verità…

di Stefano Corradino

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/23/sentenza-storica-sullamianto-e-la-tv-tace/122286/

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venerdì 24 giugno 2011

L'Amazzonia è in serio pericolo



L'Amazzonia è in serio pericolo


Cari amici,



La foresta amazzonica è a rischio. Il Congresso brasiliano ha seriamente indebolito le leggi che proteggono le foreste e i coraggiosi attivisti brasiliani sono stati ammazzati per essersi opposti al progetto. E' arrivato il momento per noi d'intervenire e di fare di questa una battaglia globale: se tutti noi chiederemo alla Presidente Dilma di mettere il suo veto alla legge, potremmo salvare l'Amazzonia!


L'Amazzonia è in serio pericolo: una delle due camere del Congresso del Brasile ha deciso di cestinare le leggi che oggi proteggono la foresta. Se non agiremo immediatamente la gran parte del polmone verde del nostro pianeta potrebbe essere distrutta.

La decisione ha scatenato un' indignazione diffusa e manifestazioni in tutto il paese. E la tensione sta crescendo: nelle ultime settimane molti ambientalisti sono stati uccisi, probabilmente da criminali commissionati dai latifondisti che disboscano illegalmente le foreste. Il tempo stringe, e ora stanno cercando di mettere a tacere ogni opposizione proprio mentre la legge è in discussione al Senato. Ma la Presidente Dilma può mettere il proprio veto, se solo riusciremo a convincerla che deve respingere le pressioni politiche nel paese e mostrarsi invece una leader a livello mondiale.

Il 79% dei brasiliani è in favore del veto di Dilma contro la modifica delle leggi che proteggono le foreste, ma le loro voci si scontrano con quelle della lobby dei latifondisti. Ora sta a noi alzare la posta e fare della protezione dell'Amazzonia una battaglia globale. Uniamoci in un appello enorme per fermare gli omicidi e la deforestazione illegale, e soprattutto per salvare l'Amazzonia. Firma la petizione sotto - sarà consegnata a Dilma non appena riceveremo 500.000 firme:

http://www.avaaz.org/it/save_the_amazon/?vl

Tutti noi amiamo il Brasile! Il sole, la musica, il ballo, il calcio, la natura: è un paese che affascina milioni di persone in tutto il mondo. Questo è il motivo per cui il Brasile ospiterà la prossima Coppa del mondo, le Olimpiadi del 2016 e il vertice sulla terra del prossimo anno, un incontro che potrebbe fermare la morte lenta del nostro pianeta.

E tutta questa nostra passione per il paese non è ingiustificata: l'Amazzonia è fondamentale per la vita sulla terra, visto che ben il 20% del nostro ossigeno e il 60% dell'acqua dolce provengono dalle sue magnifiche foreste pluviali. E' per questo che è cruciale che tutti noi la proteggiamo.

Ma il Brasile è un paese che sta crescendo a ritmi da record, nel tentativo di far uscire dalla povertà decine di milioni di persone, e la pressione in favore della deforestazione e dell'estrazione di minerali è molto forte. Ed è questo il motivo per cui il paese sta per abbandonare la protezione dell'ambiente. Gli attivisti del posto sono stati uccisi, minacciati e fatti tacere, e ora sta ai membri di Avaaz di tutto il mondo mettersi dalla parte dei brasiliani e chiedere ai politici brasiliani di essere coraggiosi.

Molti di noi hanno visto nei propri paesi come sia la natura a pagare le conseguenze della crescita economica, e l'acqua e l'aria sono sempre più inquinate e le nostre foreste muoiono lentamente.

Per il Brasile però l'alternativa è possibile. Il predecessore di Dilma ha ridotto sensibilmente la deforestazione e ha costruito la reputazione internazionale del paese come leader nella difesa dell'ambiente, allo stesso tempo godendo di una fortissima crescita economica. Uniamoci tutti insieme e chiediamo a Dilma di seguire quella strada - firma la petizione per salvare l'Amazzonia, e inoltra questa e-mail a tutti:

http://www.avaaz.org/it/save_the_amazon/?vl

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giovedì 23 giugno 2011

COSA SUCCEDE A NAPOLI

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OGGETTO DELLA LETTERA:
Aiutiamo Napoli e De Magistris

"Signor Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano ...

http://cipiri17.blogspot.com/2011/06/copiate-ed-inviate-la-lettera-per.html



Informare ControInformandoNewS http://www.facebook.com/pages/Informare-ControInformando-News/175257429198582...
Ecco l'ennesimo atto vandalico della camorra nei confronti di Napoli e dei napoletani. Via Toledo sommersa dai rifiuti trascinati con teloni dai Quartieri Spagnoli. Durante l'atto vandalico erano presenti Polizia Municipale e Polizia di Stato che non hanno mosso un dito per fermarli,ma l'hanno fatto col sottoscritto provando a sottrarmi la fotocamera con la quale ho ripreso queste immagini.
Non lasciamo De Magistris,Napoli e i napoletani Onesti soli...
Uniti si può ! Combattiamo insieme la camorra !
La camorra è una montagna di merda !


COSA SUCCEDE A NAPOLI???? LEGGETE E DIFFONDETE!!!!
Scendiamo per strada...c'e' da combattere l'altra Napoli*
Stanotte, tornavo a casa dopo aver suonato alla libreria Teves in piazza del Plebiscito...quando dai quartieri spagnoli è partita una "strana protesta" a cui ho assistito, che è andata avanti fino a tarda notte, che non aveva il sapore di una rivolta popolare, ma di una manovra organizzata, ragazzini, gran parte minorenni, che nemmeno sapevano quello che stavano facendo, MANOVRATI DA DONNE E UOMINI ADULTI, SUI MOTORINI, CHE MINACCIAVANO I TURISTI CHE FOTOGRAFAVANO E NOI CHE CERCAVAMO SPIEGAZIONI, hanno aperto tutta la spazzatura, SIGILLATA CON CURA, PER EVITARE LA PUZZA IN ATTESA DI PROVVEDIMENTI, DAI COMMERCIANTI E DA MOLTI CITTADINI, CHE INTANTO HANNO INIZIATO LA DIFFERENZIATA GIA' DA TEMPO.... e hanno riversato tutto per strada, rifiuti di ogni genere, lungo tutta via Toledo, sotto la galleria Umberto I ...con l'obiettivo di mischiare la differenziata con l'indifferenziata! Si scambiavano msg tra loro tipo: PORTA A PORTA DEVE PASSARE DI QUA, METTETELI QUA!!! "FACIMM' 'O BRUDELL'...FACIMMEL' CARE' 'A ISSO E STI LOTE CHE L'HANNO VUTATO...CHILL' VENEN' CU 'E TELEVISION' E 'O SCASSAMM'...FACIT' AMBRESS!" (Facciamolo cadere, sia lui che queli che lo hanno votato, quelli vengono con le telecamere, lo sputtaniamo, fate presto!) Aprivano i sacchetti che scendevano di casa, dove dentro c'era di tutto e li lanciavano sui cartoni ben raccolti e legati, slegando ogni sacchetto di umido per poi riversarli su carta, alluminio e plastica! Ho assistito al dietrofront dei carabinieri, non ero solo, ci sono altri testimoni con me, che non hanno affrontato quello che doveva essere un intervento di ORDINE PUBBLICO! AVREBBERO TRANQUILLAMENTE POTUTO EVITARE QUELLO CHE POI E' SUCCESSO!!! MA NON LO HANNO FATTO!!! PERCHE'....??!! PERCHE' non fermano 200 persone sui motorini, senza casco, che organizzano una guerra civile MIRATA, UN SABOTAGGIO, vestito da protesta di popolo? Come mai quando i senza lavoro, i precari danno fuoco ai cassonetti per la disperazione vengono presi a manganellate, arrestati, picchiati e schedati e ieri hanno fatto dietrofront?!! Io c'ero...ho visto con i miei occhi! E' una manovra contro De Magistris! NE SONO TESTIMONE! In fede: Antonio De Carmine - principe ps: Resto del parere che l'altra parte di Napoli non vada tutta combattuta...ma vada sensibilizzata, perchè tra i quartieri Spagnoli e Rua Catalana io ci sono nato...cresciuto...e...ho spesso ricevuto minacce...ma oggi ve lo assicuro, sono diminuiti rispetto a qualche decennio fa...sono molto meno! FIDATEVI! E quelli che, invece, possono e voglio cammbiare, sono aumentati, MOLTI DI PIU'! E con la parola...la speranza...ma...accompagnata dai FATTI, con i politici seri, con politiche sociali e programmi di recupero VALIDI, con le giuste donne e con giusti uomini, tutto questo...si può!!! Io lo faccio con quello che è il mio lavoro: LE CANZONI...scusate se è poco... ma insieme ad altri amici, abbiamo portato tanti ragazzi da questa parte, lontanto dalle mafie, dalle famiglie colluse, dalla malavita, più di quanti ne abbattevano le armi da fuoco...l'eroina...e l'arruolamento nei clan... in questa città! A PROPOSITO, SCOMMETTIAMO CHE STANOTTE SI REPLICA NON LONTANO?
Di: Antonio De Carmine

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mercoledì 22 giugno 2011

l’Italia potrebbe non reggere alla scure dell’Europa




l’Italia potrebbe non reggere alla scure dell’Europa


l’Italia potrebbe non reggere alla scure dell’Europa: con tagli da 40 miliardi sulla spesa sociale rischiamo di precipitare a livelli da terzo mondo. A lanciare l’allarme sono Marino Badiale e Fabrizio Tringali: se l’Italia – come prevede la Corte dei Conti – non riuscirà a rientrare dal maxi-debito nei tempi previsti da Bruxelles, «una delle conseguenze dell’impoverimento materiale e culturale che ne risulterà, sarà che non saremo più in grado di competere sui segmenti del mercato ad alta specializzazione», avvertono i due analisti. Quale potrà essere il ruolo di un’Italia impoverita e depressa? Forniremo «forza lavoro dequalificata e sottopagata» o, peggio, fungeremo «da discarica per i rifiuti della parte più forte dell’Europa, e da fornitrice di servizi finanziari occulti tramite le nostre mafie».


Uno scenario apocalittico, già evocato dai più pessimisti, tra cui Paolo Barnard nel suo saggio “Il più grande crimine”, che profetizza la fine del welfare. Dalle pagine di “Megachip”, Badiale e Tringali si preparano a una possibile uscita di sicurezza: l’addio all’Unione Europea, se dovesse imporre ad ogni costo la politica di rigore messa a punto dai grandi banchieri, imponendo sacrifici storici a popolazioni sull’orlo del collasso, come quella greca. «Il tema dell’Europa – scrivono i due analisti – diventerà uno dei punti cruciali della discussione politica in Italia nei prossimi mesi, perché le nuove regole europee in tema di finanza pubblica hanno conseguenze durissime per l’Italia». Pietra miliare, la recente riforma che il Consiglio europeo ha varato lo scorso 24-25 marzo: «Gli accordi introducono nuove regole di governo delle finanze pubbliche dei paesi dell’Eurozona, con lo scopo di garantire la stabilità dell’Euro e di far ripartire la crescita del Pil»...


Il problema che le nuove regole europee si propongono di affrontare è quello del debito pubblico di alcuni paesi europei, i famigerati “Piigs” (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). La crisi esplosa nel 2007 negli Usa e poi dilagata nel resto del mondo si è trasformata per questi paesi in possibilità di “crisi del debito sovrano”, cioè in una possibile incapacità di onorare il loro debito. Prima causa: la trasformazione dei debiti privati in debiti pubblici, tramite varie forme di aiuto al settore finanziario adottate dai diversi paesi, aggravata dalla crisi dell’economia reale, con drastica riduzione del Pil. «Questa situazione – spiegano Badiale e Tringali – ha generato una dinamica negativa del rapporto debito-Pil che si teme possa sfuggire al controllo». Gli investitori sono spaventati e chiedono interessi sempre più alti per sottoscrivere le nuove emissioni di titoli di Stato dei paesi in difficoltà, uniti a manovre speculative che accentuano le difficoltà. «Il risultato è che il debito continua a crescere, fino al rischio di insolvibilità».


Drastica la road-map del nuovo “patto di stabilità e crescita” disegnato dall’Unione Europea. Obiettivi: raggiungere il pareggio di bilancio in soli 5 anni, e ridurre il debito per un importo annuale pari ad un ventesimo della cifra eccedente il rapporto del 60% fra debito e Pil. I Paesi in difficoltà potranno accedere a prestiti speciali in base all’European Stability Mechanism, mentre l’“Euro Plus Pact”, un accordo iper-liberista per rilanciare la competitività, impone agli Stati membri di rivedere diversi aspetti della legislazione nazionale nel campo del lavoro: nel mirino salari e pensioni. Già avviato il “Six Pack”, con misure anti-sforamento e spinte verso le privatizzazioni, come quelle contenute nel “Semestre Europeo”, speciale procedura di sorveglianza multilaterale dei bilanci nazionali: dal 2011, si punta innanzitutto sul taglio delle pensioni.

«Si stanno elaborando misure ulteriori che toglierebbero agli Stati ogni residua forma di sovranità sull’economia», accusano Badiale e Tringali. Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha proposto che le autorità dell’Eurozona possano avere «il diritto di veto su alcune decisioni di politica economica a livello nazionale». In particolare, Bruxelles dovrebbe poter bloccare qualsiasi decisione di uno Stato che riguardi «le principali voci di spesa del bilancio e gli elementi essenziali per la competitività del Paese». Come mai tanta preoccupazione? Per capirlo, basta scoprire chi detiene il debito pubblico dei Paesi più deboli: «La maggioranza del debito italiano è in mano a banche e governi esteri», spiegano Badiale e Tringali. Secondo il “New York Times”, la sola Francia è titolare di oltre un terzo dell’esposizione debitoria italiana, ma importanti quote sono in mano anche a Germania e Gran Bretagna.

La situazione della Grecia è simile: buona parte del suo debito è in mano a stranieri, fra i quali la Regione Lombardia e la stessa Bce, che possiede un portafoglio di titoli greci per un valore nominale di circa 50 miliardi di euro. Ovviamente i creditori esteri hanno interesse ad evitare il default di uno Stato di cui detengono grosse quantità di titoli, per evitare le perdite relative alla conseguente ristrutturazione del debito. Dunque sia la Bce che gli Stati creditori hanno interesse a garantire la solvibilità dei paesi a rischio default. Al massimo potrebbero accettare una “ristrutturazione soft” del debito, come ambienti tedeschi sembrano suggerire per quanto riguarda la Grecia. Obiettivo principale della super-stangata in arrivo: proteggere gli investimenti degli Stati economicamente più forti, e della stessa Bce.

Drammatiche le conseguenze, in ogni caso: mentre si annuncia una stretta storica sulla spesa sociale, per contenere i costi pubblici a spese ovviamente dei ceti più deboli, c’è il rischio concreto che la contrazione del welfare finisca per ostacolare la “ripresa” della crescita, a cui è vincolata l’uscita dal tunnel del debito. In Italia, il rapporto debito-Pil è sopra il 100% e l’Europa ora impone un “aggiustamento” pari a 40 miliardi all’anno da togliere alla spesa pubblica. La stangata potrebbe attenuarsi solo in caso di ripresa della “crescita”, con l’indice Pil sopra l’1,5%, ma è la stessa Corte dei Conti a mostrarsi pessimista, spiegando che difficilmente l’Italia andrà oltre l’attuale 1,3%. Lo scenario che si apre è inquietante: le misure straordinarie che ci attendono sono paragonabili solo allo storico sacrificio imposto per l’entrata nell’Euro, con la differenza che allora la fase di “aggiustamento” dei
conti pubblici fu breve, mentre ora potrebbe prolungarsi in modo pericoloso.

«Manovre di queste dimensioni, protratte per anni, avranno un profondo effetto depressivo», scrivono Badiale e Tringali. «Andranno cioè a incidere negativamente sulla crescita del Pil, che già si prevede stentata». Se succederà questo, allora gli obiettivi fissati (che riguardano proprio il rapporto debito-Pil) potrebbero rivelarsi addirittura irraggiungibili: «Se diminuisce il debito ma contemporaneamente diminuisce anche il Pil, il rapporto fra i due può benissimo restare costante o anche aumentare». Sembra sia questo lo scenario che si profila per la Grecia: «Manovre durissime che abbattono il debito ma anche l’economia, cosicché il rapporto debito-Pil non diminuisce: questo rende necessarie altre manovre, che a loro volta abbattono ulteriormente il Pil e così via, in una spirale depressiva dalla quale non si vede via d’uscita».

E’ dunque probabile che le manovre di riduzione della spesa pubblica che l’Ue intende imporci non avranno gli effetti previsti in termini di riduzione del rapporto debito-Pil. Come se non bastasse, Bruxelles continuerà a spingere perché gli Stati assumano politiche di stampo iperliberista: «E nel prossimo futuro potrà sostanzialmente imporle, tramite gli strumenti introdotti dalle nuove regole». La road-map europea è drasticamente chiara: privatizzazioni, taglio delle pensioni e ancoraggio dei salari alla produttività aziendale, ridimensionando i contratti nazionali di lavoro. Se tutto questo non bastasse, di fronte al rischio di fallimento dello Stato, in base all’European Stability Mechanism l’eventuale “prestito di salvataggio” sarà vincolato ad un pacchetto di riforme decise dai tecnocrati europei, come per la Grecia.

«Lo scenario che ci aspetta è quello di una progressiva perdita di sovranità nazionale a favore della Ue, finalizzata all’implementazione delle fallimentari politiche liberiste da essa imposte», affermano Badiale e Tringali. «E’ facile prevedere gli effetti sociali di tutto questo. Si tratta di misure che costringeranno a tagliare drasticamente la spesa destinata alla salute, alla scuola, ai servizi sociali. Gli enti locali subiranno ridimensionamenti ai bilanci ben maggiori di quelli già realizzati, trovandosi costretti a tagli draconiani ai servizi pubblici, con fortissime ricadute negative per le condizioni di vita di tutti noi». E ancora: la scuola e l’università subiranno ulteriori tagli, mentre l’attacco ai diritti dei lavoratori continuerà, secondo la linea scelta in Italia da Marchionne.

Il lavoro sarà sempre più precario, avvertono i due analisti, e la depressione economica aggraverà il già drammatico problema della disoccupazione, mentre le famiglie avranno sempre maggiori difficoltà a fungere, come hanno fatto finora, da sostituti del Welfare State. «La conseguenza sarà la cancellazione di ogni residua forma di Stato sociale, un ulteriore e drammatico aumento della disoccupazione e del lavoro senza diritti, la drastica diminuzione delle condizioni di vita di larghissimi strati della popolazione», concludono Badiale e Tingali: «Quello che stiamo delineando è lo scenario di una profonda involuzione che renderà il nostro paese in sostanza un paese del terzo mondo»

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FINALMENTE, Pisapia taglia le clientele al Comune di MILANO



 FINALMENTE

Pisapia taglia le clientele al Comune


Trentadue, dicesi trentadue, dirigenti esterni del Comune di Milano, assunti non si sa bene con che criteri e meriti, ma soprattutto per chiamata diretta dall’ex-sindaco Letizia Moratti, hanno ricevuto una lettera di licenziamento da parte del nuovo Sindaco, per due ottime ragioni: il Comune ha già personale qualificato (assunto per concorso pubblico, sulla base dei criteri fissati dalla legge) che può svolgere le loro funzioni; i loro stipendi da migliaia di euro al mese non sono sostenibili nel nuovo piano di austerity per ripianare il buco nero dei conti lasciato dal centrodestra.
Ebbene, direte voi, che c’è di male? Tutto, a quanto pare. A montare il caso è il Giornale di Sallusti, che per penna di Andrea Indini raccoglie la denuncia dell’ex-assessore allo sport Alan Rizzi, già famoso alle cronache per la di lui madre che si era inventata un’aggressione ai suoi danni da parte di supporter di Pisapia poco prima del ballottaggio.
Si tratta di una ritorsione non giustificata nei confronti di professionisti che hanno lavorato al servizio di Milano e che, in questo modo, vengono invece giudicati solo perché ‘colpevoli’ di aver lavorato con il sindaco Moratti.“, afferma senza vergogna Rizzi. Ma la parte comica la mette in scena Indini, che scrive: “Si temono le purghe, un vero e proprio colpo di mano che ha poco a che fare con lo spoil system.”
Probabilmente a riferirgli di questa preoccupazione sarà stata Francesca Cassani, sistemata all’Ufficio Stampa del Comune dalla Moratti, ovvero SUA MOGLIE.
Una volta c’erano le leggi ad personam. Ora ci sono i pezzi di giornale ad mulierem.

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martedì 21 giugno 2011

EGITTO , ESPULSO RIFORMISTA ABUEL FOTOUH


EGITTO , ESPULSO RIFORMISTA ABUEL FOTOUH

La massima espressione dell’anima riformista del movimento islamista egiziano, molto stimato dai giovani, ha pagato a caro prezzo la decisione di candidarsi alle presidenziali e di proclamarsi favorevole alle conversioni religiose

AZZURRA MERINGOLO

 Nena News – La temperatura inizia a salire, la primavera araba é entrata nella sua fase estiva e nei dintorni del Cairo l’arena politica inizia a surriscaldarsi. Mentre dalla sua pagina Facebook il Consiglio Supremo delle Forze Armate inizia a fare i primi sondaggi elettorali per cercare di individuare il volto di un possibile presidente, le istanze secolari cercano ancora di stabilire le regole del gioco, spingendo l’esercito a posticipare le elezioni parlamentari previste per il prossimo settembre. Particolarmente teso il clima in campo Fratellanza, dove la partita tra la corrente riformista e quella conservatrice ha portato all’espulsione dal Movimento di Abdel Moneim Abu El Fotouh, da anni rappresentante dell’anima più riformista.
A mostrare il cartellino rosso a quello che molti giovani del movimento considerano la loro guida è stato il consiglio della Shura, l’organo legislativo della Fratellanza, che non ha gradito la scelta di Abu el Fotouh di candidarsi alle presidenziali. Da quando Mubarak, nel febbraio scorso, è uscito di scena, gli Ikhwan, Fratelli Musulmani,  hanno fatto di tutto per rassicurare quanti temono che la Fratellanza voglia controllare tutte le istituzioni statali e, oltre a dichiarare che avrebbero corso solo per il 49% dei seggi, hanno anche annunciato che non avrebbero candidato nessuno dei suoi uomini alla presidenza. Considerando tale gesto un’assurdità, Abu el Fotouh, aveva quindi deciso di correre indipendentemente , presentandosi come un candidato per tutti gli egiziani.  La scorsa settimana aveva anche dichiarato che avrebbe sovvenzionato la sua campagna con denaro proveniente esclusivamente dalle mani di quanti, tra gli egiziani, volevano appoggiarlo.
A lungo capo dell’Unione araba dei medici, Abu el Fotouh era stato isolato dalla leadership della Fratellanza quando, nel 2010, Mohammed Badie era diventato  guida suprema del movimento. Badie, un personaggio decisamente più conservatore,  l’aveva addirittura tagliato fuori dal Comitato esecutivo, tramite elezioni che molti hanno descritto come irregolari.
Anche se non appartiene anagraficamente alla generazione dei ragazzi di Piazza Tahrir, la roccaforte dove si è svolta la rivoluzione scoppiata il 25 gennaio scorso,  Abou el Fotouh è riuscito a mantenere stretti i legami con l’ala giovanile del movimento che potrebbe ora appoggiarlo anche nella nuova avventura iniziata a fine Marzo quando ha annunciato che avrebbe creato un nuovo partito, Nadah al Masry, il partito del rinascimento dell’Egitto, con una tendenza islamista moderata.
A criticare la decisione dei vertici della Fratellanza, descrivendola come una scelta autoritaria e anacronistica,  sono stati in primis gli Shabab al-Ikhwan, la componente giovanile del movimento che   non è più pronta ad accettare automaticamente le decisioni prese dal vertice del movimento. “Non mi importa di quello che dicono i capi – scrive uno di questi sul suo account Facebook. Loro erano in panciolle mentre noi rischiavamo la vita in piazza. Non hanno alcun potere di parlare a nome nostro.” “Secondo me quella dell’espulsione è stata una pessima scelta – spiega al quotidiano Al-Masry al- Yaoum il portavoce poco più che trentenne di Abu el Fotouh. Questa mossa avrà un effetto negativo solo sulla Fratellanza, non su di noi. ” A condividere l’idea dei più giovani è anche uno storico analista secolare del centro di studi strategici e politici di Al-Ahram, Nabil Abdel Fattah, che spiega come questa mossa mostra che il gruppo non è in grado di accettare la divisione interna tra riformisti e estremisti conservatori.
Erano anni che era evidente all’interno del movimento islamista convivevano un’ ala conservatrice e una riformista, ma tale divisione – non solo generazionale, ma trasversale al movimento- si è trasformata in una spaccatura definitiva solo quando la lotta contro il nemico comune è arrivata a compimento. L’espulsione di Abu el Fotouh, che nelle scorse settimane aveva aperto anche alla corrente più estremista dei salafiti, rischia quindi di esacerbare questa divisione, rischiando di creare una frattura che con il tempo diventi insanabile.
Dopo aver annunciato che sarebbe favorevole ad approvare la conversione religiosa, Abu el Fotouh, che è stato espulso mentre era fuori dal paese, è tornato in patria descrivendosi come il candidato di tutti gli egiziani, siano essi salafiti, islamisti, moderati o copti. “E’ questa secondo me l’unica via di uscita che abbiamo – scrive una giovane ragazza appartenente all’ala riformista del movimento. Vogliamo un Egitto nuovo. Bisogna scardinare le vecchie strutture, anche quelle ideologiche. Serve una rivoluzione anche all’interno del nostro movimento di appartenenza.” Nena News


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MAROCCO, VERSO LA MONARCHIA COSTITUZIONALE



MAROCCO, VERSO LA MONARCHIA COSTITUZIONALE

Una nuova carta costituzionale sarà sottoposta al referendum popolare il prossimo 1 luglio. Riforme che “ridimensionano” i poteri del re in risposta alle proteste di piazza dello scorso febbraio.


SERVIZIO DI BARBARA ANTONELLI

 – Nena News – Saranno sottoposte ad un referendum popolare il prossimo 1 luglio, le proposte di riforma costituzionale avanzate dal monarca marocchino Mohammed VI, proposte annunciate da tempo come diretta risposta alle proteste che si sono avute nelle piazze del paese tra febbraio e marzo. Proteste in cui migliaia di persone hanno chiesto una vita più dignitosa, a fronte delle preoccupanti condizioni economiche, ma anche e soprattutto maggiori libertà e democrazia.
Tra le innovazioni, alcuni dei poteri prima prerogativa del monarca, passeranno in questo modo al primo ministro e all’esecutivo parlamentare. Il capo del governo sarà nominato tra le fila dei partiti politici, cioè dal partito che avrà conquistato più voti alle elezioni (anziché essere nominato dal monarca); il primo ministro (presidente del governo) potrà sciogliere il parlamento, prima prerogativa solo del re. Potrà anche nominare funzionari del governo, compresi quelli della pubblica amministrazione o di imprese statalizzate. E discutere l’applicazione dello “stato di polizia” con un consiglio governativo nel corso di incontri settimanali, mentre al momento questa rimane prerogativa di un gabinetto presieduto dal monarca.
Al momento, Mohammed VI detiene virtualmente tutti i poteri e rappresenta anche la più alta carica religiosa in qualità di “comandante della fede”: al momento dell’annuncio- venerdì scorso –  dei nuovi emendamenti che riguarderanno la costituzione, ha affermato che “le riforme consolideranno i pilastri di una monarchia costituzionale”, per “una monarchia basata sui cittadini”, impegnandosi anche a promuovere una magistratura indipendente (attualmente è sempre il monarca ad esserne a capo e a nominare i giudici).
Nella carta costituzionale il riferimento al re come “sacro” sarà rimpiazzato dall’espressione “l’integrità della persona del re non sarà violata”: il monarca di fatto resta il capo delle forze militari e in grado di nominare ambasciatori e diplomatici, così come dal punto di vista religioso manterrà il titolo di “comandante delle fede”, ma il succitato cambiamento rappresenta – secondo l’analista politico Mohamed Darif, un cambiamento importante perché con questa nuova formula si attenua la dimensione religiosa attribuibile alla persona del re.
Mohammed VI ha cercato in questi anni di portare innovazione e modernità nel paese nordafricano, proiettando un’ immagine di contemporaneità, circondandosi di amici “stelle della musica pop”, guidando auto sportive e intraprendendo vacanze alla moda sulle Alpi francesi. Rompendo anche la tradizione csposando, nel 2002 una ventiquattrenne ingegnere di computer, Lalla Salma Bennani.
Il Marocco ha inoltre ottenuto lo status di partner privilegiato nelle relazioni con l’Unione Europea, che gli consentirà l’accesso ai mercati europei. Non è un caso che le riforme siano state accolte con eccessivo entusiasmo proprio dall’Unione Europea, il cui rappresentante della politica estera, Catherine Ashton, le ha commentate domenica in un comunicato stampa definendole “un passo significativo e un segnale verso la democrazia e il rispetto dei diritti umani”. Dmenticando le repressioni di tre mesi fa, sulle proteste di piazza.
Quello del Marocco è lo stesso percorso insomma di altri paesi della regione, come la Tunisia o l’Egitto. E come per altri paesi, anche in Marocco, sebbene con meno forza, anche numerica, i marocchini sono scesi in piazza con marce e proteste per le strade di Tangeri, Casablanca, Marrakesh e Rabat, nonostante i divieti e la repressione; chiedendo un maggiore rispetto dei diritti umani e maggiori libertà democratiche e organizzando il Movimento del 20 febbraio (appellativo nato dopo la data della prima grande protesta). Nonostante infatti la facciata che lo vorrebbe un paese all’avanguardia e moderno, tra gli altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, circa il 40% della popolazione rimane analfabeta e il paese è al 126simo posto nel rapporto del 2007-2008 di UNDP sullo sviluppo umano.
Anche rispetto alle libertà individuali e collettive, non mancano i rapporti di critica da parte delle organizzazioni individuali; secondo l’Associazione Marocchina dei diritti umani non sono rari gli arresti arbitrari e i casi di abusi fisici sui detenuti. All’inizio di giugno, una corte marocchina ha chiesto la detenzione per un anno di Rachid Niny, direttore del quotidiano Al Massae, con l’accusa di “disinformazione” per aver diffuso articoli critici nei confronti dei servizi dell’intelligence marocchina.

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FLOTILLA 2 CHIEDE ALL’ITALIA MOBILITAZIONE IMMEDIATA





FLOTILLA 2 CHIEDE ALL’ITALIA MOBILITAZIONE IMMEDIATA

La Marina israeliana annuncia che bloccherà le navi in partenza per Gaza. Il Coordinamento italiano invita la società civile a scendere in piazza se le violenze dello scorso anno dovessero ripetersi. A Roma un info point per aggiornamenti in tempo reale.

DI EMMA MANCINI
Roma, 21 giugno 2011, Nena News – Un info point terrà costantemente aggiornata la capitale sugli sviluppi del viaggio che la Freedom Flotilla 2 sta per intraprendere alla volta di Gaza. Un viaggio rischioso, dopo le minacce della Marina Militare israeliana, ma che nessuno ha intenzione di sospendere.
Le otto-dieci navi della seconda Flotilla, dedicata all’attivista italiano Vittorio Arrigoni e diretta a Gaza con a bordo aiuti umanitari, giocattoli, materiale scolastico e medicinali, salperanno nei prossimi giorni. L’obiettivo è accendere l’attenzione del mondo sull’assedio israeliano alla popolazione palestinese della Striscia. E per mantenere alta l’attenzione, la Freedom Flotilla Italia metterà in funzione un info point con l’obiettivo è diffondere in tempo reale le notizie sulle navi e sul viaggio verso Gaza.
“L’iniziativa della Freedom Flotilla – spiega in un comunicato il Coordinamento Nazionale della Freedom Flotilla Italia –, di cui è parte la nave italiana ’Stefano Chiarini’, è assolutamente legale e non violenta. Respingiamo con forza le ridicole insinuazioni della propaganda sionista in merito alle armi od altri strumenti offensivi a bordo delle nostre navi”.
Ecco perché il Coordinamento chiede l’aiuto di Roma e dell’Italia intera: una mobilitazione immediata nel caso in cui l’aggressione minacciata da Israele si concretizzi, come accaduto nel maggio dello scorso anno. “Facciamo appello a tutti gli amici del popolo palestinese – continua il comunicato – affinché siano pronti a mobilitarsi immediatamente nel caso il governo israeliano decida di mettere in atto le sue minacce e di attaccare la Freedom Flotilla, come avvenuto lo scorso anno, quando vennero assassinati dai militari israeliani nove attivisti. Nel caso l’attacco minacciato si  verificasse, invitiamo sin da ora a scendere subito in piazza, a Roma all’ambasciata israeliana in Via Michele Mercati, a Milano al consolato israeliano in Corso Europa ed in tutte le altre città nelle piazze principali”.
Intanto si parte oggi con un assaggio in terra italiana: alle 18 Piazza Duomo a Milano si colorerà delle bandiere della Palestina e della Freedom Flotilla.
Le otto o dieci navi in partenza per Gaza porteranno tra 500 e 600 attivisti provenienti da 22 diversi Paesi del mondo. Non ci saranno i turchi della Mavi Marmara, oggetto della violenza israeliano nel 2010, ufficialmente perché i danni subiti lo scorso anno non permetterebbero la navigazione. Ma c’è chi vede nello stop imposto dal governo di Ankara, impegnato in un riavvicinamento con Israele, il vero motivo dell’annullamento del viaggio. Troppe le pressioni su Erdogan da parte occidentale e la Marmara non partirà.
Non mancheranno gli americani, ed in particolare gli ebrei americani che secondo “The Audacity of Hope” (la nave statunitense) saranno circa il 28% dei 36 passeggeri. “È importante che ci siano ebrei nella nave – ha detto Richard Levy, avvocato ebreo di New York citato dall’agenzia palestinese Ma’an News – La lobby filo-israeliana nel nostro Paese è molto potente. Non possiamo sostenere l’assedio israeliano, moralmente e giuridicamente inaccettabile”.
La nave a stelle e strisce porterà a Gaza anche migliaia di lettere di amicizia e solidarietà alla popolazione palestinese, per mettere in contatto le due società civili. L’iniziativa è stata annunciata dalla Audacity of Hope direttamente al presidente Obama in una lettera. Lo stesso presidente che attraverso i suoi portavoce ha invitato i cittadini americani a non imbarcarsi, per timore di indispettire l’arrogante alleato israeliano, ma anche perché le minacce alla Freedom Flotilla da parte di Tel Aviv non appaiono troppo velate.


La Freedom Flotilla II sarà dedicata all'attivista italiano Vittorio Arrigoni
Domenica durante una cerimonia al porto di Haifa, il comandante della Marina Militare israeliana, l’ammiraglio Eliezer Marom, aveva annunciato che la Flotilla sarà bloccata in alto mare e non sarà permesso ad alcuna imbarcazione di raggiungere le coste di Gaza. Un film già visto: a maggio dello scorso anno, la prima Freedom Flotilla fu arrembata da commando d’Israele e nove attivisti turchi rimasero uccisi nell’attacco. Dietro gli slogan umanitari, secondo Marom, si nasconde in realtà un pericoloso antisemitismo, “un odio verso lo Stato ebraico. Si cerca una provocazione di carattere mediatico per creare un’atmosfera di delegittimazione di Israele”.
L’ammiraglio ha poi proseguito indicando nella Flotilla uno strumento di lotta utile per Hamas: permettere alle navi internazionali di raggiungere Gaza, aprirebbe la navigazione libera verso la Striscia e “Hamas potrebbe dotarsi di quantità incontrollate di armi e minacciare Israele con missili terroristici”.
Secondo quanto riportato dall’agenzia italiana Ansa, fonti dell’intelligence di Tel Aviv temono che attivisti provenienti da Yemen e Giordania attaccheranno i soldati israeliani nel caso in cui questi blocchino le navi. Nei giorni scorsi i militari israeliani sono stati impegnati nella simulazione di un abbordaggio con tecniche nuove, al fine di “limitare” la perdita di vite umane. Limitare, non eliminare. Nena News

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lunedì 20 giugno 2011

Vietato ridurre i soldi ai politici


Vogliamo abolire i privilegi E la casta Si oppone

Il giorno 21 settembre 2010 il Deputato Antonio Borghesi dell’Italia dei Valori ha proposto l’abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura in quanto affermava cha tale trattamento risultava iniquo rispetto a quello previsto dai lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad una pensione. Indovinate un po’ come è andata a finire ! A voi il giudizio sul merito, si tratta solo di proposte demagogiche o potrebbe essere un piccolo passo in direzione della gente?
Presenti 525Votanti 520Astenuti 5Maggioranza 261Hanno votato sì 22Hanno votato no 498

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Vietato ridurre i soldi ai politici

di Tommaso Cerno

In Friuli sindaci e presidenti di Provincia cancellano la facoltà di ridursi lo stipendio. Scoppia la polemica. E il sindaco di Gorizia si ribella: "Siamo al ridicolo"



In Friuli è vietato ai politici abbassarsi lo stipendio. Sembrerebbe uno scherzo, in tempi di casta e crisi economica, invece è la decisione che proprio oggi ha assunto l'Assemblea delle autonomie locali, l'organo che rappresenta Comuni e Province della piccola regione autonoma.

Ebbene, la giunta Tondo aveva predisposto un regolamento riguardante la "Disciplina relativa alle indennità ed ai gettoni di presenza, nonché ai rimborsi delle spese di viaggio, vitto ed alloggio per gli amministratori degli Enti locali della Regione Friuli Venezia Giulia" che, fra le altre cose, consentiva a sindaci e presidenti di Provincia di ridursi l'indennità, anche solo temporaneamente, per favorire il taglio della spesa pubblica.

Nessun obbligo, ben s'intenda, ma solo una facoltà lasciata al libero arbitrio di ognuno. Ma tanto è bastato all'Anci, l'associazione dei Comuni, per alzare il muro contro la norma, schierare la maggioranza dei suoi sindaci e stralciare il tanto contestato articolo dal provvedimento. Morale: in Friuli Venezia Giulia è vietato per legge che i politici si abbassino lo stipendio.

Un voto di massa, con due sole eccezioni: il sindaco di Gorizia, Ettore Romoli (Pdl), che da più di un anno invoca la facoltà di ridursi l'indennità, senza tuttavia riuscirci, "costretto per raggiungere l'obiettivo a devolvere parte del mio stipendio, dopo aver comunque pagato le tasse sull'intera somma, così ci perdiamo sia io che l'ente o l'associazione che ne usufruisce", spiega.

Con lui, altro voto contrario è arrivato dalla Provincia di Pordenone. Il resto del consiglio ha invece approvato a maggioranza l'intesa (16 favorevoli e 3 astenuti), stralciando appunto il paragrafo 23 della deliberazione, che introduceva la facoltà a ciascun amministratore locale di rinunciare in tutto o in parte alle indennità di funzione e di presenza: "Siamo al ridicolo, altro che casta. Hanno espulso la norma che consentiva di abbassarsi la paga, come avviene nel resto d'Italia e credo in tutto il resto del mondo. Una difesa corporativa da parte dei politici per paura che le opposizioni potessero obbligare i sindaci ad avvalersi di questa facoltà e ridursi il compenso. Siamo l'unico posto del mondo dove succede una cosa del genere. Se questa è l'autonomia, beh...", tuona Romoli.

Mentre l'Anci è irremovibile. In una lettera inviata al presidente della Regione Renzo Tondo il 27 maggio scorso già chiedeva lo stralcio della norma perché "è necessaria la convocazione di un tavolo di confronto qualora vi sia la necessità di rivedere i principi, criteri e obbiettivi generali ivi indicati in una visione sistemica in particolare per la parte riguardante indennità e gettoni". Un bel politichese per dire una cosa banale: il nostro stipendio non si tocca.

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PERMESSI DI SOGGIORNO SUBITO



PERMESSI DI SOGGIORNO SUBITO


 http://immigratimilano.blogspot.com/


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PERMESSI DI SOGGIORNO SUBITO! PROSEGUE LA MOBILITAZIONE. PRESIDIO AUTORIZZATO A BRESCIA FINO AL 25 GIUGNO.

Aggiornamento ore 14.30: finito l’incontro in Loggia, da un lato il Comune di , dall’altra l’associazione “Diritti per Tutti” e Camera del Lavoro. Presidio permanente autorizzato almeno fino a sabato 25 giugno. Senti la corrispondenza con Manlio Vicini, avvocato di “Diritti per Tutti” che ha partecipato all’incontro.
Ore 14: E ora permessi di soggiorno! Le lotte dei attraversano l’Italia, in varie forme ma tutte per chiedere permesso di soggiorno e, nello specifico, per pretendere dal governo il rispetto della legge, con l’emanazione della circolare che ordini il riesame delle domande di .
A Brescia continua il presidio in piazza Rovetta, diversi gli appuntamenti in programma organizzati dal presidio sopra e sotto la gru:
Giovedì 16 giugno:  dalle 18:30 incontro pubblico “Dalla vertenza sulla sanatoria 2009 alle lotte per il diritto di esistere”, interverranno l’avvocato Sergio Pezzucchi e Manlio Vicini (legali dell’ass. Diritti per tutti), Arianna Carminati e Loranzo Spadacini (ricercatori all’università di Brescia- facoltà di giurisprudenza)
venerdì 17 giugno: dalle 20:30 giocoleria con i ragazzi di O.G.M e a seguire proiezione dei filmati sulle lotte per il permesso di soggiorno a Brescia dal 2000 ad oggi.
Sabato 18 giugno: dalle 10.30 incontro con i parlamentari bresciani; dalle 18:30 intervento di Don Amerigo “minori stranieri non accompagnati e diritti”; alle 20.30 seconda generazione in concerto.
Domenica 19 giugno: dalle 17.00 giochi e laboratori per bambini e bambine “Mandiamo i razzisti nello spazio”; dalle 20:30 letture accompagnate a cure di Donne sotto la gru.
Anche a continua la protesta di migranti e antirazzisti, ieri pomeriggio una delegazione ha portato in Comune una lettera, che oggi verrà resa pubblica,  con le richieste dei migranti consegnate  al nuovo sindaco Giuliano Pisapia.  Domani è previsto un incontro in prefettura e nuovo presidio alle 18.00 in piazza san Babila, mentre sabato pomeriggio presidio in piazza XXIV maggio, davanti alla sede della lega.  Ascolta il resoconto della giornata di ieri con Jorge, di immigrati autorganizzati e portagonista della lotta sulla torre di via Imbonati.
A ieri si è tenuta una soddisfacente assemblea cittadina dalla  quale è uscita l’indicazione di partecipare domani alla manifestazione di migranti a La Spezia. Ascolta il resoconto di Lamyne del coordinamento immigrati Toscana nord.
presidio anche a , dove è astat avviata una raccolta firme aperta a tutta la solidale, questa mattina un incontro con la curia che ha lanciato un appello affinchè si apra un tavolo di trattive, la data possibile per l’incontro sarebbe martedì . Ascolta il resoconto con Kahled, dell’associazione “cittadinanza globale”.


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domenica 19 giugno 2011

MILANO, PISAPIA TAGLIA GLI STIPENDI DEI DIRIGENTI COMUNALI , RISPARMIO DI 2 MILIONI DI EURO


MILANO 

PISAPIA TAGLIA GLI STIPENDI 

DEI DIRIGENTI COMUNALI

RISPARMIO DI 2 MILIONI DI EURO


L’esame del bilancio lasciatogli in eredità da Letizia Moratti è ancora alla fase istruttoria. Al lavoro, sul tema, c’è l’assessore Bruno Tabacci. Ma, quale che sia il responso dell’esame sui conti di Palazzo Marino (di 500 milioni il buco pronosticato), il sindaco Giuliano Pisapia intende procedere sulla via dell’austerità, del contenimento dei costi. A partire dai compensi dei dirigenti comunali. Tagli agli stipendi e tagli al numero degli incarichi per risparmiare, indicativamente, 2 milioni di euro all’anno.

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togliere Concita de Gregorio dalla Direzione dell’Unità è una vera porcata

Diciamo subito che togliere Concita de Gregorio 
dalla Direzione dell’Unità è una vera porcata


 Diciamo subito che togliere Concita de Gregorio dalla Direzione dell’Unità è una vera porcata,una porcata sotto ogni punto di vista. Da un punto di vista editoriale,Concita ha trasformato un giornale decadente ristretto limitato in un giornale snello ,fluido ricco di contenuti ,aperto leggibile ho ripreso a leggere l’Unità dopo trentanni,grazie a Concita,e non si riesce a capire una scelta del genere e per caso a libertà che da fastidio,la paura che i cittadini si possano scegliere i loro interlocutori, l’illusione che basta utilizzare gli errori degli altri per poter governare ,ma governare per fare che? Con la scusa del bene comune utilizzare i cittadini per fare i propri affari…Certo tutti credono che meglio dei partiti dell’amore si può governare ma c’è un piccolo particolare che proprio non riuscite a capire i cittadini si sono stancati e parteciperanno non delegheranno più a nessuno il loro ruolo,voi dovreste sintonizzarvi su questa realtà e non il contrario ora se toccate Concita toccate la libertà,i meriti,la partecipazione e l’Unità da ora in poi leggetevelo voi.


 A MENO KE , NON LE SI DIA UN POSTO " ONOREVOLE " ALL' INTERNO DEL PARTITO
 CONCITA FOR PRESIDENT

Chi ha deciso di allontanare Concita De Gregorio dalla direzione de L'Unità poco o nulla ha compreso del vento innovatore che spira forte e che, comunque, non si fermerà ... sono burocrati, vecchi dentro, perdenti ….. sono incapaci di cogliere, come Concita, lo spirito dolce del cambiamento e del rinnovamento.
E, come nei tempi che credevamo andati e che non fanno onore a certa sinistra, si mettono da parte le donne intelligenti e quelle persone che ragionano con la propria testa senza asservimenti e strette logiche di partito.
Ma è proprio di queste donne – che sono tante!!! – di queste persone che abbiamo bisogno: con i giovani, sono e saranno la linfa vera del nuovo corso avviato con le amministrative ed i referendum!
E Concita stessa che nel commento antecedente le sue diSmissioni ci ricorda che “…… Il confronto e non l'ortodossia. La critica e non la piaggeria. Abbiamo parlato a mondi diversi e sconosciuti ai giornali e alle segreterie di partito, abbiamo avuto risposta. E' a loro che mi rivolgo oggi. Questo giornale è vostro, finché io sarò qui sarà il luogo aperto del confronto. Mi auguro che continui ad esserlo comunque, qualunque cosa accada. Diciamo pure che sono fiduciosa. In ogni caso, come sapete e come noi sappiamo, il tempo dei diktat è finito: ci sarà sempre un posto dove trovarsi, sapremo sempre come e dove far valere i nostri diritti, reclamare la nostra dignità, 
esercitare la nostra passione”
 
Grazie Concita!

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Quanto vale il debito pubblico italiano,La politica non conosce crisi


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Il contatore del debito pubblico
Quanto vale il debito pubblico italiano? Sebbene il dibattito pubblico non possa prescindere da questo dato, è spesso difficile “visualizzare” cifre tanto grandi. Con questo “orologio”, l’Istituto Bruno Leoni vuole rendere accessibile a tutti la mostruosità del nostro debito pubblico, che poi dà la misura sia dell’irresponsabilità della nostra classe politica, sia degli oggettivi vincoli di finanza pubblica a cui il nostro paese deve sottostare.

L’orologio aggiorna ogni 3 secondi la nostra stima dello stock di debito, che si basa su – e viene continuamente corretta con – i rapporti mensili della Banca d’Italia. In questo modo vogliamo aiutare i cittadini a capire cosa si intende, quando si dice che siamo gravati di un debito pari a circa il 120 per cento del prodotto interno lordo. Per rendere il concetto ancora più chiaro, basta considerare che questo debito a 13 cifre (valore riferito al 31 luglio 2010) equivale a circa 30.724 euro per ogni italiano, inclusi neonati e ultracentenari, ovvero 80.327 euro per ogni occupato. Tra gennaio e luglio 2010 il debito pubblico è aumentato di 50.100.143.820 euro, più di 7 miliardi al mese, 236 milioni al giorno, quasi 10 milioni di euro all’ora, 164.112 euro al minuto. Ogni secondo, questo debito immenso è cresciuto di 2.735 euro, più di quanto guadagni una famiglia media in un mese.

E il TUO debito?
Se visualizzare l’ammontare complessivo del debito pubblico italiano è difficile, capire a quanto equivale il peso del debito su ciascuno di noi può dare una misura dell’enormità di questo dato. Oggi ogni italiano, da quando lancia il primo vagito in sala parto e senza rispetto per l’età veneranda, ha mediamente una quota di debito pari a oltre 30.000 euro.

Questa somma può essere visualizzata nell’immagine in calce. Le cifre, apparentemente, non si muovono, ma portando il cursore del mouse sul contatore l’aumento continuo del vostro debito personale si paleserà in tutta la sua drammatica inarrestabilità.



(Stima del debito: Luciano Lavecchia; grafica e sviluppo: Alfapi)


La pagina web con il solo contatore è qui:
http://brunoleoni.it/debito.htm


La politica non conosce crisi:

rimborsi elettorali cresciuti del 1100%


Sergio Rizzo, con un articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 18 giugno, torna sul tema dei costi della politica e spiega che da queste parti la crisi non esiste. Sono infatti cresciuti del 1100% i rimborsi elettorali. “Giulio Tremonti ha sperimentato direttamente quanto sia difficile entrare con i fatti nella carne viva degli scandalosi costi della politica. Con la manovra finanziaria dello scorso anno aveva provato a tagliare del 50% i generosissimi ‘rimborsi elettorali’, come si chiama ipocritamente il finanziamento pubblico, riconosciuti per legge ai partiti politici, cresciuti fra il 1999 e il 2008 del 1.110%, mentre gli stipendi pubblici aumentavano del 42. Ebbene, il taglio è stato prima ridimensionato al 20%, quindi al 10 per cento. Per non parlare della norma che avrebbe riportato le spese di palazzo Chigi, in alcuni casi letteralmente impazzite, sotto il controllo del Tesoro: saltata come un tappo di champagne”.

Prima o poi però, un taglio dovrà essere fatto spiega il giornalista del Corriere. “Perché qui ci va di mezzo, secondo lo stesso Tremonti, la credibilità della politica e del governo. Se la riforma fiscale le tasse vuole avere una prospettiva minima di serietà, deve passare prima di qua. Fermo restando che i soldi tolti ai privilegi della politica non basteranno certo da soli a tappare il buco che l’eventuale taglio delle tasse (considerato dai capi del centrodestra necessario per arginare l’emorragia di consensi) potrebbe aprire nei conti pubblici”.

“Da dove cominciare? - si chiede Sergio Rizzo – C’è soltanto l’imbarazzo della scelta. “Meno voli blu”, ha detto Tremonti. Una sfida mica da ridere, considerando l’andazzo. Nel 2005 gli aerei di Stato del 31° stormo dell’Aeronautica toccarono il record di 7.723 ore di volo. Due anni dopo, durante il governo Prodi, grazie a una direttiva draconiana del sottosegretario Enrico Micheli erano scesi a 3.902. Tornato Berlusconi, quella direttiva è stata prontamente abrogata e nel 2009 le ore di volo per le sole “esigenze di Stato” sono arrivate a 5.931, ma con un governo ridotto a 61 elementi. Cioè, 97 ore e 15 minuti a testa. Letteralmente stratosferico l’aumento procapite (cioè per ogni componente del governo) rispetto a due anni prima: +154,2%”.

Spiega ancora l’articolo del Corriere: “Ma anche il famoso record del 2005 delle 78 ore e 50 minuti a testa è stato letteralmente polverizzato, con una crescita del 23,3%. Mentre il consumo del cherosene ministeriale, alla faccia della crisi, non si è certamente arrestato. Nel 2009 gli aerei di Stato viaggiavano al ritmo di 494 ore al mese? Nel 2010 si è saliti a 507. Ignoti, ovviamente, i costi. Non sarà facile, per Tremonti. Certo, se si potessero ricondurre i conti di palazzo Chigi sotto il controllo della Ragioneria, com’era prima che nel 1999 il governo di centrosinistra li rendesse completamente autonomi, sarebbe un’altra storia. Si toglierebbero alla politica molti margini di manovra non soltanto sui 3 o 400 milioni l’anno di spese vive della presidenza del Consiglio, ma, per esempio, anche sul miliardo e mezzo di budget della Protezione civile. Meno sprechi, più sobrietà”.

“Peccato che i messaggi arrivati finora siano di segno opposto - spiega Rizzo – . Qualche esempio? Nel 2010 il budget per pagare gli ‘staff’ politici di palazzo Chigi aveva superato di slancio 27,5 milioni, con un aumento del 26 per cento. Mistero fitto sul numero delle persone. Quest’anno le spese per gli affitti degli uffici della presidenza del Consiglio sarebbero lievitate (sempre secondo le previsioni) da 10 a 13,7 milioni. Recentissima poi la notizia che palazzo Chigi ha deciso di dotarsi non di uno, ma di due capi uffici stampa retribuiti al pari di un ‘capo delle strutture generali della presidenza del Consiglio dei ministri’. E i nuovi sottosegretari concessi da Berlusconi ai Responsabili come contropartita per il sostegno alla maggioranza? L’Espresso ha calcolato che costeranno 3 milioni l’anno”.


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venerdì 17 giugno 2011

Torna la rabbia precaria , Assedieremo Montecitorio




Torna la rabbia precaria 

Assedieremo Montecitorio


Finita la scuola i precari di tutta Italia tornano in piazza. Si danno appuntamento sabato 18 giugno, dalle 14, davanti a Montecitorio e resteranno davanti alla Camera fino al 22. In questi giorni cruciale per la tenuta dell’attuale governo, infuocate dalla parole del ministro Brunetta contro i Precari, definiti “ L’Italia Peggiore”, il gruppo promotore dell’iniziativa “Precari uniti contro i tagli” vuole sottolineare l’importanza del lavoro dei precari all’interno della scuola e ribadire il proprio NO deciso al DL sviluppo in discussione in questi giorni alla camera .
“Il DL sviluppo – sostengono i precari – contiene norme che, contrariamente a quanto propagandato dal governo, contribuiscono ad affossare definitivamente i lavoratori precari della scuola. Si parla genericamente di un piano triennale di immissioni in ruolo senza fornire nessuna cifra, mentre viene invece chiarito che i precari della scuola non rientrano nella normativa europea che impone la loro assunzione dopo tre anni di lavoro”. “In compenso – aggiungono – i tagli proseguono inesorabili: è in corso la terza tranche dei 150.000 tagli agli organici e degli 8 miliardi ai finanziamenti imposti dalla Finanziaria del 2008”.
Le richieste degli organizzatori sono chiare: il ritiro degli 8 miliardi di tagli che peggiorano la qualità dell’insegnamento ed estromettono dalla scuola migliaia di lavoratori, l’immissione in ruolo di tutti i precari, per il rispetto della normativa europea che impone l’assunzione dopo tre anni di lavoro.
L’iniziativa, partita da Facebook, vuole essere trasversale e a-partitica. Il problema dei tagli alla scuola non deve infatti essere strumentalizzato per meri scopi politici ma deve essere affrontato con un serio dibattito che coinvolga l’intera società civile. Quindi in piazza non ci saranno bandiere di partito e di sindacato ma solo con tanta rabbia e tanta voglia di cambiare.

di Valentina Regis

http://letteraviola.it/2011/06/torna-la-rabbia-precaria-assedieremo-montecitorio/

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Luigi Bisignani, Chi è l'uomo coinvolto nella P4

 

Luigi Bisignani

tra giornalismo e affari

Chi è l'uomo coinvolto nella P4

già protagonista di Tangentopoli



Giornalista e uomo d'affari, Luigi Bisignani da trent'anni è uno dei protagonisti defilati del potere italiano.
«Qualunque cosa ti faccia comodo sul serio, la vera forza di Bisignani si chiama Ior». A parlare così dell'uomo finito ai domiciliari nell'inchiesta della procura napoletana sulla P4, fu il banchiere Pier Francesco Pacini Battaglia in una telefonata intercettata con Emo Danesi nel pieno della bufera di Tangentopoli.
I due uomini erano dentro ai segreti della Prima Repubblica. Erano gli anni Novanta e Luigi Bisignani, già allora, era un nome che contava nella Roma dei palazzi e del potere.
Uomo di relazioni trasversali, ma con una netta predominanza nei tempi democristiani e poi nel centrodestra, passando attraverso i più alti gradi della burocrazia e delle stellette.
HA COMINCIATO COME EREDITIERE. Nato nel 1953 a Milano da un importante dirigente della Pirelli per molti anni in Argentina, quando muore il padre riceve una consistente eredità. Ma quel che conta non sono i soldi ma il lascito di relazioni politiche.
Danesi, sempre in quella telefonata con Pacini Battaglia, ha raccontato così il suo primo incontro con Bisignani: «Ci siamo visti... diamoci subito del tu...volentieri...poi m'ha detto che andava a giocà a carte con Andreotti». E fu lo stesso Giulio Andreotti in persona a presentare nel 1988 Il sigillo della porpora, sua primo giallo cui fa seguito Nostra signora del Kgb, nel 1991.
Ex giornalista, consulente aziendale, finanziere, ex direttore delle relazioni esterne del colosso Ferruzzi-Montedison, il suo nome fu trovato nel 1981 negli elenchi della P2 in casa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi.
Gherardo Colombo, il pm che scoprì quella lista, lo colloca nella categoria degli 'inquinatori', uomini sconosciuti ma potentissimi che hanno lavorato diero le quinte della vita democratica della Prima Repubblica. Lui, allora giornalista dell'Ansa, non fece una piega e replicò: «Seguo da tempo per l'Ansa le notizie sulla massoneria e conosco, pertanto, molti alti elementi della massoneria, compreso Licio Gelli. I quali abitualmente mi fanno avere i loro comunicati in redazione. Smentisco però categoricamente la mia appartenza a qualsiasi loggia massonica, compresa, ovviamente, la P2».
LA MAXITANGENTE EDIMONT. Non poté smentire, però, il suo coinvolgimento nella maxitangente Enimont.L'ordine di arresto del pool di Milano è arrivata sei mesi dopo la sua nomina, a 39 anni, a direttore delle relazioni esterne del gruppo Ferruzzi e direttore generale della sede di Roma: l'accusa è di violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti.
Bisignani quel giorno però era all'estero: dopo un anno si costituì e si fece interrogare da Di Pietro e Colombo. Che dall'ex amministratore della Montedison Carlo Sama avevano già saputo che Bisignani aveva fatto da intermediario con lo Ior, la Banca vaticana, per la trasformazione in contanti di 92 miliardi in Cct da utilizzare per il pagamento di tangenti 'a quella parte della Dc - raccontò Sama - che faceva capo a Pomicino e quindi alla corrente di Andreotti».
Sul conto aperto da Bisignani allo Ior transitarono 108 miliardi. «Presso la banca Vaticana - ricorda in un libro Angelo Caiola, alla guida dell'istituto dal 1989 al 2009 - disponeva da anni di un conto personale, chiedendo di accreditare il ricavato su un conto cifrato estero».
La sentenza definitiva per l'intera vicenda arrivò nel 1998: due anni e sei mesi. Una condanna che gli è costata anche la radiazione dall'albo dei giornalisti. «Ha svolto - è stata la motivazione - con continuità attività lucrose costituenti reato e afferenti a compiti del tutto estranei alla professione giornalistica».
LE ULTIME INCHESTE: ALTA VELOCITÀ E WHY NOT. Il suo nome finì nell'inchiesta dei pm Colombo e Boccassini sull'Alta Velocità e, anni dopo, in Why not, l'indagine dell'attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, allora pm a Catanzaro, in cui entrarono anche Romano Prodi e Clemente Mastella. In particolare De Magistris si convinse che l'ex giornalista fosse al centro di una nuova loggia e fece perquisire la casa e gli uffici della sua azienda, l'Industria Libraria Tipografica Editrice, senza trovare niente di rilevante.
Ora il suo nome è tornato ad essere accostato ai palazzi del potere: Bisignani, scrivono i magistrati nell'ordinanza, è «ascoltato consigliere dei vertici aziendali delle più importanti aziende controllate dallo Stato (Eni, Poligrafico dello Stato, Rai ecc), di ministri della Repubblica, sottosegretari e alti dirigenti statali».
 PER APPROFONDIRE LA NOTIZIA QUI'

http://www.lettera43.it/politica/18740/arrestato-l-uomo-d-affari-luigi-bisignani.htm

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Brunetta, il ministro in fuga dalla realtà




Brunetta, il ministro in fuga dalla realtà


Di Massimo Gramellini!!

L’Italia peggiore è quella che scappa. Dal mondo reale e dalle domande scomode, addirittura prima che siano formulate. Se qualcuno non avesse ancora capito perché la maggioranza dei cittadini ha voltato le spalle al governo, troverà nel filmino «Brunetta e la Precaria» la rappresentazione plastica di uno sfilacciamento arrogante. Siamo a Roma, a un convegno sull’innovazione, e il ministro ha appena finito di parlare quando Maurizia Russo Spena, figlia di un ex parlamentare di estrema sinistra (orrore orrore), va al microfono per porgergli una domanda.

Fa soltanto in tempo a qualificarsi: «Sono della rete di precari al servizio della pubblica amministrazione…» ed è come se a Brunetta avessero infilato due dita in una presa. «Grazie, arrivederci, buongiorno», la interrompe. La ragazza non ha ancora detto il suo nome, ma il ministro è in grado di fiutare una comunista anche a venti metri di distanza controvento. «Arrivederci, questa è la peggiore Italia!» e guadagna l’uscita.

Non è vero, come affermerà più tardi in un videomessaggio, che se ne sia andato dopo aver ricevuto insulti e per la sensazione di essere rimasto vittima di un agguato mediatico. Dal filmato emerge chiaramente che le urla «buffone, buffone» sono successive alla sua fuga ingloriosa, il cui epilogo ha una potenza d’immagini cento volte superiore alla sostanza dell’episodio: si vede il potente che sgomma via in auto blu, mentre un precario strattonato dalla scorta si piazza davanti alla macchina e grida: «Che fa, ministro, mi investe?». Sembra uno spot di «Annozero» sul distacco fra il Palazzo e i nuovi miserabili del panorama sociale italiano.

Brunetta ha poi spiegato che non ce l’aveva coi precari, ma coi provocatori. Come si dice dalle sue parti, «el tacòn xe peso del buso». Infatti il ministro si è dimenticato di ciò che aveva dichiarato la sera prima in tv da Lilli Gruber, quando si era esibito in una tiritera luogocomunista sui giovani che lamentano la mancanza del posto fisso invece di andare a scaricare le cassette di frutta al mercato. Ora, nel vasto campionario del precariato italiano, ci sarà anche una percentuale endemica di fannulloni e di schizzinosi. Ma le storie che piovono ogni giorno sui tavoli delle redazioni raccontano una realtà diversa. Raccontano di laureati costretti ad andare all’estero dopo aver attraversato decine di impieghi saltuari e sottopagati. Raccontano di giovani che invecchiano facendo di tutto, soprattutto i lavori più umili, nella vana attesa di trovare lo sbocco a cui li destinavano i loro studi e le loro attitudini. Raccontano di fallimenti professionali ed esistenziali, dovuti non all’incapacità della persona, ma a un sistema bloccato da troppi privilegi, in cui solo le conoscenze politiche e familiari consentono di ottenere ciò che il merito non basta mai a garantire.

Il centrodestra era stato votato, immagino, per sfasciare con riforme liberali il vecchiume di questo Paese, non per eternarne i conservatorismi. Invece si è smarrito in una rappresentazione della realtà più adatta alle dispute da bar che a un ceto dirigente moderno. I disoccupati non lavorano perché non hanno voglia di farsi venire i calli alle mani (parola di Brunetta e Sacconi, che in un’altra era furono socialisti, forse a loro insaputa). E il popolo di sinistra è bravo a montare scenette spiritose sui siti Internet «perché non ha nient’altro da fare» (parola dell’onorevole Stracquadanio, lavoratore indefesso, a cui per carità di patria ho depurato il linguaggio da trivio).

La parabola del fustigator Brunetta racchiude la storia di questo governo e di questi anni. Il ministro che prendeva gli applausi quando diceva che gli statali erano dei fannulloni, adesso prende i fischi quando afferma che fannulloni sono tutti gli italiani senza un posto garantito, statali precari compresi. In mezzo è cambiato il mondo, ma Brunetta evidentemente non se n’è accorto. In questo assomiglia molto al suo principale.
La Stampa, 16 giugno 2011.


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