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venerdì 5 novembre 2010

MYANMAR: AL VOTO TRA SUPERSTIZIONE E POLITICA

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MYANMAR: AL VOTO TRA SUPERSTIZIONE E POLITICA

A sei mesi dal primo annuncio della giunta militare birmana che si sarebbero tenute elezioni multipartitiche entro l’anno, la televisione di Stato birmana ha reso nota quest’oggi la data in cui gli elettori di Myanmar saranno chiamati alle urne.

Il 7 novembre, ovvero un numero che in un Paese chiuso come l’ex-Birmania, dove da sempre regnanti e generali si affidano anche al giudizio di indovini e astrologi in un clima circondato da superstizioni e leggende, non rappresenta semplicemente una data. Allontanata quindi l’ipotesi di un possibile voto che si sarebbe dovuto tenere il 10.10.2010 sembra che la scelta del numero 7, così come riportato anche dalla testata on-line ‘Democratic Voice of Burma‘, derivi dal suo significato numerologico. Sommato al numero del mese (11), infatti si otterrebbe 18, ovvero un multiplo di 9 la cui somma (8+1) da, appunto, 9. Un numero dagli ottimi auspici che spinse il generale Ne Win un anno dopo l’ascesa al potere nel 1962 a bloccare la stampa di tutte le banconote che non fossero divisibili per nove. Una scelta che al tempo causò, però, non pochi problemi al sistema fiscale e monetario nel Paese governato da quella che è stata poi ribattezzata la prima generazione di generali. Anche il numero 11, del resto, ha nell’attuale Myanmar un significato numerologico molto rilevante. Oltre ad essere un numero composto da due uguali, è un numero che sottolinea la sconfitta del nemico. In passato, ad esempio, il noto leader studentesco, Min Ko Naing, venne condannato a 65 anni di carcere proprio l’11 novembre alle 11 del mattino.

Il Myanmar e la giunta militare che governa il Paese non sono nuovi a questo tipo di speculazioni. Quando venne annunciata la scelta di spostare la nuova capitale in una zona stepposa e desertica al centro del Paese si pensò che il sito della nuova ‘Sede dei Re’, Napyidaw, fosse stato scelto dagli astrologici. Con il tempo, invece, gli analisti hanno sottolineato soprattutto altri aspetti, come quello logistico militare per esempio, rafforzando la volontà politica di una tale scelte, piuttosto che dar seguito a voci di popolo. La decisione di tenere le elezioni agli inizi di novembre e non ai primi di dicembre come si era prospettato nell’ultimo mese ha infatti fondate ragioni politiche. Il 27 novembre scadono i termini di detenzione per Aung San Suu Kyi, la leader del movimento democratico birmano attualmente agli arresti domiciliari. Sebbene Suu Kyi non potrà prender parte al processo elettorale così come stabilito dal testo costituzionale prima e dalle cinque leggi elettorali promulgate tra febbraio e marzo scorsi, la giunta ha quindi deciso che se dovesse essere liberata, verrà fatto a parlamento eletto. Un parlamento che di fatto riserva il 25 per cento dei seggi ai militari, in cui sarà necessario avere un consenso superiore al 75 per cento dei parlamentari per cambiare le leggi costituzionali.

Di Roberto Tofani

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Aung San Suu Kyi compie 65 anni. Obama: ''Auguri a unico Nobel per Pace in carcere''

(Xinhua)
ultimo aggiornamento: 19 giugno, ore 08:55
Washington - (Adnkronos) - Il presidente Usa: ''Rivolgo un appello al governo della Birmania per il rilascio immediato e senza condizioni di Suu Ky

C'è stata prima la fallita "rivoluzione di zafferano" del settembre 2007, e la scorsa primavera il ciclone Nargis che ha devastato il delta dell'Irrawaddy. Tra i due eventi, e successivamente, sulla Birmania è calato il solito buio. Niente apparentemente cambia, nel Paese governato da una giunta militare dal 1962: la paladina per la democrazia Aung San Suu Kyi è sempre agli arresti domiciliari, l'inviato dell'Onu Ibrahim Gambari continua con le sue visite periodiche senza ottenere progressi nella mediazione. Ma qualcosa si è invece mosso, e non per il meglio: la giunta ha data un'ulteriore stretta alla libertà di espressione, riempiendo le carceri di prigionieri politici.

All'interno della stanza dell'Aapp dedicata ai prigionieri politici ancora in carcere (foto di A. Ursic)Secondo i calcoli dell'Associazione per l'assistenza dei prigionieri politici birmani (Aappb) - un'organizzazione con sede a Mae Sot, in Thailandia - dalla saffron revolution il numero di tali detenuti è più che raddoppiato, passando da un migliaio ai 2.136 attuali: 462 sono membri della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito di Aung San Suu Kyi, 224 sono monaci. In carcere sono tornati prigionieri eccellenti come Min Ko Maing, uno storico leader studentesco della "generazione dell'88", nonché il comico Zarganar, famoso in Birmania per la sua satira contro il regime. Sono aumentate anche le pene, talmente alte da togliere ogni speranza: Zarganar, per esempio, è stato condannato a 59 anni per aver parlato con i media stranieri a riguardo della situazione umanitaria dopo il passaggio di Nargis. Min Ko Maing, per aver guidato le proteste contro il carovita che precedettero le rivolte di un anno e mezzo fa, dovrà scontare 65 anni di reclusione.

All'interno della stanza dell'Aapp dedicata ai prigionieri politici ancora in carcere (foto di A. Ursic)"Il regime vuole fare piazza pulita in vista delle elezioni del 2010: la giunta ha tutta l'intenzione di legittimare la sua posizione di potere e vuole togliere dalla circolazione potenziali leader alternativi", spiega a PeaceReporter Khin Cho Myint, un'ex prigioniera politica fuggita l'anno scorso dal Myanmar, e che ora lavora per l'Aapp. Parlando nella stanza che l'associazione ha adibito a memoriale dei detenuti - quando uno viene liberato, la sua foto viene tolta dalla bacheca - Cho Myint descrive un clima sempre più repressivo in patria. Anche gli avvocati di alcuni prigionieri di alto profilo sono stati incarcerati, con l'accusa di "disprezzo per la corte". Negli internet cafè, sempre più spesso capita che agenti della polizia segreta facciano irruzione e obblighino i giovani ai computer a fermarsi sulla pagina aperta, nel tentativo di sorprendere dissidenti all'opera. I detenuti, inoltre, vengono trasferiti in carceri distanti dalle loro città per rendere sempre più sporadici i contatti con l'esterno; per molti, da inizio anno è stata annullata la possibilità di ricevere le due visite al mese di prassi.

Nel frattempo, il Myanmar continua nella transizione disegnata dalla giunta, per riprendere parzialmente il processo democratico ma assicurando ai militari un ruolo preponderante. I partiti, e diverse comunità tra le etnie che compongono la Birmania, sono divisi tra il boicottaggio delle elezioni e la partecipazione a un voto considerato comunque una farsa. La settimana scorsa l'inviato dell'Onu Ibrahim Gambari, arrivato alla settima visitia, è ripartito un'altra volta a mani vuote. Stavolta ha incontrato Aung San Suu Kyi, ma è stato snobbato ancora una volta dal leader supremo Than Shwe. E le richieste della leader del Nld, che chiesto di liberare tutti i prigionieri politici e riconoscere i risultati delle elezioni del 1990 che la videro trionfatrice, sono state definite "non realistiche" dalla giunta.

di : Alessandro Ursic
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