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mercoledì 4 agosto 2010

Messa al bando delle cluster bombe






Messa al bando delle bombe cluster. La Difesa blocca l'adesione dell'Italia

Giorgio Beretta [Unimondo.org]


Il segretario generale dell'Onu le chiama «armi ignobili», perché colpiscono soprattutto civili e in particolare bambini. Dal primo agosto è entrata in vigore la Convenzione che le mette al bando. Non hanno aderito Stati uniti, Cina, Israele e Russia, che sono i paesi che detengono più di un miliardo di «bombe a grappolo». Nemmeno l'Italia, paese produttore di cluster bomb, ha ancora ratificato la sua adesione: il motivo? 160 milioni di euro

[Da Unimondo.org] Il primo agosto scorso, grazie alla ratifica di oltre trenta nazioni, è entrata in vigore la Convenzione internazionale che mette al bando le «bombe a grappolo» [Convention on Cluster Munitions – Ccm]. Gli obblighi della Convenzione, firmata da 107 Paesi e ratificata da 38, sono pertanto diventati vincolanti a tutti gli effetti per gli Stati che vi hanno aderito: ciò significa che, oltre a smettere la produzione e l’impiego, dovranno distruggere gli stock di munizioni cluster entro otto anni, identificare e bonificare entro dieci anni le zone inquinate da cluster, assistere le comunità affette da cluster bombs e le vittime in modo da realizzarne una piena inclusione nella società nel rispetto dei diritti umani fondamentali.
Per il segretario generale Onu, Ban Ki-moon, la Convenzione «è un passo avanti decisivo per liberarci da armi ignobili» e il trattato rappresenta «uno strumento maggiore per il disarmo mondiale e le urgenze umanitarie, che ci aiuterà molto nella lotta all’estrema insicurezza e alle sofferenze causate da armi terribili che colpiscono soprattutto civili e bambini». Guardando avanti Ban Ki-moon elogia «il potere di collaborazione tra governi, società civile e Nazioni unite che insieme sono riusciti a modificare comportamenti e politiche» e si rivelerà «cruciale nell’applicazione del trattato oltre che nell’assistenza da garantire alle vittime».
Soddisfatti dall’entrata in vigore del testo anche numerose organizzazioni non governative impegnate nella lotta alle cluster bomb e il Comitato internazionale della Croce rossa [Cicr] che si augura uno slancio positivo che «avrà effetti pratici sugli stati che ancora non hanno aderito», ha detto Jakob Kelleberger, presidente del Cicr. Tra questi le grandi potenze militari, come Stati uniti, Cina, Russia e Israele, che da sole detengono la stragrande maggioranza delle scorte mondiali, stimate in più di un miliardo di ordigni e finora si sono rifiutate di firmare il trattato.
In numerosi paesi si sono tenute iniziative programmate dalle organizzazioni della rete internazionale Cluster Munition Coalition [Cmc] per celebrare il particolare valore simbolico della giornata che segnerà per sempre la messa al bando effettiva delle bombe cluster con le relative conseguenze per le popolazioni civili. Secondo le stime correnti, circa 70 paesi restano ostaggio delle mine anti-persona, mentre in 23-24 ampie regioni di territorio sono disseminate di munizioni ‘cluster’ che non esplodono in contatto col terreno e rimangono pericolose per diversi anni, ferendo o uccidendo i civili inermi, soprattutto bambini.
«La Convenzione sulle Munizioni Cluster è uno strumento di diritto internazionale forte – ha dichiarato Jody Williams, Premio Nobel per la pace 1997 – e sono convinta che, se gli Stati eseguiranno ciò che prevede in maniera onesta e completa, sarà capace di alleviare le sofferenze causate da queste armi abominevoli. Questo è ciò che accadde con il Trattato per la messa al bando delle mine antipersona, armi indiscriminate al pari delle munizioni cluster. La nostra esperienza, dopo oltre dieci anni di applicazione del Trattato per la messa al bando delle mine antipersona, dimostra che gli Stati devono iniziare a lavorare subito se vogliono porre fine alla grave sfida umanitaria causata da queste munizioni».
A circa 100 giorni dal primo Meeting degli Stati Parte alla Ccm, che si terrà in Laos nel mese di novembre, l’Italia ancora non ha ancora ratificato la Convenzione. «Questo significa che il nostro Paese potrà partecipare solo in qualità di osservatore», spiega Santina Bianchini, presidente della Campagna italiana contro le mine. «Attualmente non risultano motivi oggettivamente comprensibili in grado di giustificare la mancata ratifica, l’unico impedimento è riscontrabile in una richiesta di impegno di budget pari a 160 milioni di euro per il ripristino di armamenti “strategici” in sostituzione delle munizioni cluster dismesse. Il Parlamento europeo ha recentemente votato una risoluzione che invita tutti gli Stati membri a firmare e ratificare la Ccm come materia d’urgenza prima della fine del 2010 – continua Santina Bianchini – Speriamo che questo ulteriore segnale positivo sia raccolto dal nostro Paese e dal governo. Inoltre, con più di 60 mila adesioni alla petizione Stop Cluster attivata dalla Campagna italiana contro le mine, la società civile chiede che l’Italia ratifichi senza ulteriori rinvii».
«Proseguiremo il nostro impegno nella campagna di sensibilizzazione affinché l’Italia mantenga le sue promesse. Crediamo sia davvero amorale bloccare una ratifica di un trattato umanitario per assicurarsi fondi da destinare ad acquisto di nuove armi, soprattutto in un momento di crisi e di gravissimi tagli alla spesa sociale. Auspichiamo che il ministro della Difesa Ignazio La Russa, a cui abbiamo scritto in questi giorni, voglia assicurare un rapido ed incondizionato sostegno a tale ratifica» ha aggiunto Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna Italiana contro le mine. «Partecipare al Meeting in Laos con l’annuncio della ratifica servirebbe a ridare credibilità all’impegno del nostro Paese nell’ambito della salvaguardia dei diritti umani, anche quelli inerenti alla delicata questione del disarmo» ha concluso Schiavello.
Va ricordato che l’Italia è uno dei 33 produttori di munizioni cluster al mondo: tra le ditte italiane accusate di produzione vi anche la Simmel Difesa, il cui catalogo – come ha documentato un’inchiesta di Rainews24 – fino a qualche anno fa pubblicizzava sistemi di «munizioni a grappolo»: catalogo che dopo l’inchiesta è stato fatto sparire dal pubblico accesso e sostituito con una nota della ditta che afferma «la conformità dell’azienda alle normative nazionali ed internazionali per la produzione di munizionamento».


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