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Mundimago

martedì 8 giugno 2010

SIMILITUDINI TRA DIAZ E FLOTILLA

Dalla Diaz alla Flotilla


A Genova qualche giorno fa, durante il corteo di protesta per l’assalto israeliano alla Freedom Flottilla, parlando con Haidi Giuliani, abbiamo scoperto di essere arrivati tutti e due alla stessa riflessione: vi è un’incredibile similitudine su come è stata gestita la comunicazione da parte del governo israeliano in questa occasione e come nel 2001 il governo italiano gestì l’assalto alla scuola Diaz.
Due situazioni completamente differenti, ma accomunate da una gestione mediatica molto simile da parte del potere di turno.
Nel 2001 le decine di persone massacrate di botte mentre dormivano furono descritte come pericolosi Black Block, nel 2010 i pacifisti assaliti, uccisie feriti dall’esercito israeliano, sono stati indicati come fiancheggiatori del terrorismo. Le forze dell’ordine sostennero che l’intervento alla Diaz si era reso necessario dopo che una macchina della polizia era stata colpita dal lancio di oggetti contundenti dalle finestre della scuola; il governo israeliano ha dichiarato, che erano stati i pacifisti ad attaccare i soldati israeliani, i quali furono obbligati a reagire dopo che alcuni di loro erano stati feriti; le violenze poliziesche alla Diaz furono giustificate come reazione al ferimento di un poliziotto da parte di un misterioso giovane poi volatilizzatosi. Fonti israeliane, nelle ore immediatamente successive all’attacco, dichiararono che i “falsi pacifisti” erano armati e avevano fatto uso di armi da fuoco, i vertici della polizia sostennero che i giovani della Diaz avevano delle molotov pronte all’uso.
Tutte queste affermazioni si sono mostrate in ambedue i casi totalmente false; ma intanto sono state ampiamente riprese dai grandi media per giustificare fatti altrimenti assolutamente indifendibili.
www.vittorioagnoletto.it/wp-content/uploads/2010/06/marmaraweapons.gif La foto mostrata dal governo israeliano [attrezzi da cucina e da lavoro] per giustificare come autodifesa il massacro compiuto dai loro soldati. E’ impressionante la similitudine con le foto che la polizia italiana mostrò alla stampa (attrezzi provenienti da un vicino cantiere edile) per sostenere la tesi della presenza dei Black Block nella scuola Diaz.
Quando il potere, qualunque esso sia, deve giustificare un comportamento illegale, illegittimo ed in contrasto con la legge, la strategia che usa è
sempre la stessa:
  • Squalificare i protagonisti agli occhi dell’opinione pubblica che potrebbe solidarizzare con loro o quantomeno rivendicare giustizia. Questo
    obiettivo è perseguito negando lo status e l’identità collettiva delle vittime e ricorrendo sempre alla categoria del terrorismo/fiancheggiatori
    ampliata all’inverosimile.
  • Invertire la successione dei fatti; trasformare gli aggrediti in aggressori ed invocare la legittima difesa per le forze dell’ordine [questo ad esempio fu il motivo utilizzato per non processare Placanica per l’omicidio di Carlo Giuliani]
  • Costruire prove false da mostrare senza contraddittorio in modo da diffondere una sola versione, almeno nelle ore immediatamente seguenti ai fatti, per cercare di affermare nell’immaginario collettivo una e una sola verità. Ai giornalisti a Genova fu proibito fare domande alla conferenza stampa della questura il 22 luglio e ai media fu reso impossibile contattare qualunque pacifista della Flottilla nelle ore seguenti all’assalto.
  • Garantirsi il controllo e la condiscendenza dei media, operazione per la verità non molto difficile tra i media ufficiali, più complessa nell’epoca dominata da Internet e dalla rete.
  • Garantirsi l’assenza di qualunque voce stonata proveniente dall’interno delle proprie strutture di controllo; in altre parole ottenere la totale omertà da parte di tutti coloro che appartengono, a vario titolo, all’apparato repressivo coinvolto. (Ed infatti la testimonianza, pagata a caro prezzo, di Marco Poggi su quanto avvenne a Bolzaneto fu fondamentale per accreditare le dichiarazioni delle vittime)
Una strategia semplice, spesso efficace, soprattutto nei tempi brevi, ma non sempre invincibile, come dimostrano i processi genovesi. Una strategia che è bene conoscere e far conoscere, per sviluppare nella società anticorpi preventivi in grado di difendersi dalle «verità di Stato».

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