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giovedì 6 agosto 2009

- INNSE - Dateci risposte



"Dateci risposte, noi siamo determinati a resistere"

«Stiamo bene ma siamo determinati a resistere», ripetono ai colleghi nel cuore della notte. Vincenzo, Massimo, Luigi, Fabio e Roberto, il funzionario della Fiom, i quattro operai della Innse di Milano, che 2 GIORNI FA sono entrati dentro la fabbrica e si sono arrampicati sui carri ponte come gesto di protesta contro lo smantellamento dei macchinari della storica azienda milanese, hanno trascorso la notte così. Fuori i loro colleghi a presidiare la fabbrica, dentro loro, arrampicati sulle gru.

Ci hanno pensato a lungo e poi hanno deciso. Hanno aggirato il blocco delle forze dell'ordine, sono entrati nella fabbrica e insieme a Roberto, funzionario della Fiom, si sono arrampicati sulle gru alte dieci metri «per difendere il nostro lavoro e il lavoro in generale». E da lì ancora non scendono. Sono lassù dalle 11 di ieri, invisibili ai loro colleghi che si battono con loro, perchè chiusi dentro la cabina in cima al braccio di metallo.

«Sono talmente determinati che potrebbero restare lì tutta la notte», aveva pronosticato il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, che chiede una "sospensione vera": «Non pochi giorni come proposto dalla prefettura ma un mese». La situazione - avverte Rinaldini - «è senza sbocco». E domanda subito un intervento diretto di Berlusconi per bloccare lo smantellamento della fabbrica già iniziato. Le condizioni poste dal segretario della Fiom dopo un lungo incontro con gli operai della Innse sono: sospensione dello smontaggio per tutto il mese di agosto almeno, allontanamento del presidio delle forze dell'ordine, apertura di un tavolo negoziale.

Ad altre proposte gli operai della Innse hanno detto no. E con quel no si è chiusa la loro terza giornata di passione. Attraversata da molti momenti di tensione. Per i quattro in tuta blu sulle gru e per gli altri che si sono ritrovati anche oggi a fronteggiare la polizia in assetto anti-sommossa.

La quarta giornata di protesta è invece iniziata con una beffa. Al mattino, infatti, tra gli operai in presidio davanti alla fabbrica si diffonde la notizia che il proprietario, Genta, ha convocato una conferenza stampa davanti alla prefettura. Un corteo si stacca da via Rubattino e si precipita a Corso Monforte. Ma dell'imprenditore non c'è nessuna traccia. L'ennesima beffa. Incontro rinviato "per ragioni di sicurezza" spiega il legale dell'imprenditore.

Ieri per due volte gli operai della storica azienda metalmeccanica e le forze dell'ordine, che da domenica presidiano la fabbrica, sono venuti a contatto. Mentre i quattro della Innse riescono a infilarsi nella fabbrica. Un atto «pesante, di cui siamo consapevoli per la difesa del lavoro», rivendica la segretaria milanese della Fiom Maria Sciancati: «I lavoratori si sono accorti stamani entrando che la prima lesatrice è già stata completamente smontata e questo certamente li ha portati al gesto di protesta».

«Chi lavora qua da 30 anni sa da dove passare», ha spiegato sorridendo un collega, Claudio, mentre i cinque erano già nel capannone saliti in cima alle gru. Precisamente nelle cabine e quindi senza il rischio di precipitare. «Ci buttiamo giù», hanno cominciato a gridare. La polizia ha deciso di far allontanare gli operai delle ditte acquirenti dei macchinari. Sospese le operazioni di smontaggio, è cominciata la trattativa.

Gianni Rinaldini, Giorgio Cremaschi e Maria Sciancati della Fiom, facevano avanti e indietro per colloquiare con gli operai all'interno e portare notizie ai loro colleghi fuori, in mobilità dal maggio 2008 e che da 14 mesi presidiano la fabbrica. «La prima macchina è stata già smontata», ha annunciato Sciancati. Poi la richiesta del sindacato alla Prefettura con tre condizioni: sospendere lo smontaggio per agosto; allontanare il blocco delle forze dell'ordine e aprire un tavolo tra istituzioni, parti sociali e imprenditori.

Ore di attesa e poi Rinaldini è uscito dalla fabbrica con la risposta della Prefettura e quella degli operai: «Ci hanno proposto alcuni giorni di sospensione, che non sono sufficienti per una trattativa vera». Ora dunque, ha aggiunto, «scriviamo per chiedere un incontro e un intervento diretto di Berlusconi». Gli operai dalle gru facevano intanto sapere che «le trattative non si fanno con il cappio al collo» e «siamo determinati a resistere per tutta la notte e oltre».

Intanto, il proprietario della Innse, Silvano Genta, commenta la richiesta di trattative avanzata oggi dagli operai e il loro gesto di protesta: «Sono solo strumentalizzazioni politiche, le trattative si fanno a tavolino, con la testa sulle spalle e non con la violenza, perchè sono stato minacciato».

L'imprenditore tempo fa ha anche presentato una denuncia in Procura per l'occupazione della sua fabbrica ed è attualmente aperta un'inchiesta a carico di ignoti.

E spunta anche una lettera inviata il 27 gennaio dalla Rubattino 87, società proprietaria dell'area che fa capo alla Aedes. Nella missiva, una raccomandata con ricevuta di ritorno spedita poco prima che Genta vendesse i macchinari, si contesta alla Innse Iniziative srl che fa capo all'imprenditore «la occupazione di fatto dell'area e la mancata corresponsione di indennizzo adeguato» e lo si avvisa di un'imminente causa per ottenere il risarcimento danni e la riconsegna dell'area. L'ad di Aedes, Nicola Cinelli ha spiegato che «c'è oggi stato un incontro con un imprenditore, ma a livello assolutamente preliminare».

Sulla vicenda interviene anche il segretario Pd Franceschini: «La protesta dei 49 lavoratori della Innse è condivisibile ed è solo un primo segnale di quello che potrebbe accadere in autunno. I lavoratori della Innse vanno non solo sostenuti ma anche capiti - ha dichiarato Franceschini, dopo un incontro a Marghera con le organizzazioni sindacali della chimica -. La loro protesta è condivisibile perché siamo di fronte a impegni non mantenuti e tradimenti veri. Bisogna che la politica risponda coi fatti anche perché questi sono i primi segnali di quello che potrebbe avvenire in un autunno carico di tensioni se non vengono date risposte a chi non ce la può fare ad aspettare la fine della crisi senza aiuti da parte dello Stato». Per Franceschini, dunque, «servono misure per fronteggiare l'emergenza, a cominciare dagli ammortizzatori sociali».
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